C'è qualcosa di spontaneo e originale nel nuovo disco di Pierdavide Carone che si intitola Casa (per Artist First) e arriva ben nove anni dopo Nani e altri racconti. Intanto è distinto e assai distante da quasi tutte le novità di questo periodo. E poi è legato a doppio filo con la tradizione della canzone d'autore, quella che è una sorta di bisturi dell'anima e mette a nudo paure ed emozioni meglio di tante analisi. Carone si è fatto conoscere da tanti grazie al terzo posto e al premio della critica di Amici e poi grazie al lavoro con Lucio Dalla, che lo ha accompagnato e diretto a Sanremo poche settimane prima di andarsene per sempre. «La sua morte mi ha fatto rendere conto di quanto fossi stanco dell'alternarsi di disco e tour: erano accadute troppe cose per un ragazzo cresciuto in un paesino (Palagianello, provincia di Taranto - ndr)». Da allora la musica è cambiata, lui ha collaborato con Alex Britti («Ma il risultato non ha convinto nessuno dei due») e si è trasferito da Roma a Milano: «Nei primi mesi faticavo a non chiedermi perché avevo preso una decisione del genere». C'è stata la collaborazione con i Dear Jack per Caramelle e l'ingiusta indifferenza del Festival di Sanremo.
E poi il dolore. Pierdavide Carone (classe 1988) ha avuto un cancro e, subito dopo, ha perso il padre. «Queste dieci tracce partono dal mio trasferimento a Milano. Ma non ci sono cose legate a vita e morte». A parte Forza e coraggio, che senza dubbio parla anche dell'asperità della vita e della desolazione della morte.
Però dalla dolcezza smarrita di Buonanotte («E poi svuotare le mie tasche da ogni tua memoria») fino alle ammissioni consapevoli di Un breve istante di eternità, in Casa c'è il ritratto di un purosangue della canzone d'autore che rimane se stesso senza inciampare nelle mode volatili.
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