James Wan si conferma il regista della paura

Chi è il regista horror che, in questo momento, riesce a seminare più paura negli spettatori? Senza dubbio, James Wan. Uno che ha riscritto i canoni di un filone sovraffollato con pellicole come Saw, Insidious e quel The Conjuring che resta, per certi versi, il suo capolavoro. Un Re Mida capace di girare film con budget ridotti, restituendo, poi, dieci volte tanto al botteghino. Al punto da poter vivere di rendita e permettersi, magari, titoli non perfetti come Insidious 2, da oggi nelle sale, che riprende le vicende della famiglia Lambert, già protagonista del primo capitolo, datato 2011.

Si parte con un tuffo nel passato. Il piccolo Josh viene ipnotizzato, dalla medium Elise, per capire il motivo dei suoi incubi. Nel sonno, il bimbo ha la capacità di trasportarsi in un'altra dimensione con il rischio di essere posseduto da demoni terribili; Elise prova, con l'ipnosi, a fargli dimenticare questa sua capacità. Torniamo al presente, esattamente da dove ci aveva lasciato il precedente Insidious. La polizia indaga sulla morte di Elise (che era stata uccisa proprio da un Josh posseduto) e anche Renai, moglie di Josh e mamma di Dalton (il bimbo che era sparito nel primo film), ha dubbi sulla reale innocenza del marito. Lo spettro, intanto, è ancora a «piede libero» e segue la famiglia che trasloca momentaneamente a casa della mamma di Josh. Apparizioni e sparizioni, indagini (para)normali e viaggi ultradimensionali accompagneranno lo spettatore per i 105 minuti della pellicola.

Wan si sbizzarrisce con movimenti della camera vivaci, montaggi rapidi, uso ossessivo dello zoom, quasi a voler entrare negli

occhi di chi è seduto in sala e precipitarlo tra scalinate e corridoi, porte e stanze, con tensione crescente e colonna sonora d'atmosfera, citando Shining e Psyco. Suspence pura che fa dimenticare una trama fragile, fragile.

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