nostro inviato a Venezia
Vorrà dire qualcosa se nel giorno di proiezione di due fra i titoli più autoriali, cinefili e di ristretto circuito della Mostra del cinema di Venezia About Endlessness, ossia brevi cenni sull'Infinito con azione azzerata e dialoghi inesistenti dello svedese Roy Andersson, e Blanco en Blanco del cileno Théo Court, dove la neve della terra del Fuoco è più espressiva degli attori è stato messo in programma anche il docufilm su Chiara Ferragni: Unposted, immersione a 360° e 12 milioni di follower sulla sfera mediatica pubblica (che coincide col provato, e viceversa) della più potente influencer della moda secondo Forbes. Al mattino il top per l'intellò, al pomeriggio il massimo del pop. Anche questo è il festival, anche questo è show.
Lo show dei Ferragnez una vera major dell'entertainment nazional-internazionale è cominciato ieri a mezzogiorno, sotto il fuoco dei fotografi, più numerosi che per qualsiasi altro divo cinematografico presente al Lido negli ultimi anni: Chiara Ferragni col marito Fedez - accolta lei come neanche Charlize Theron, lui come neanche Jude Law - sono scesi all'imbarcadero dell'Hotel Excelsior con tanto di bacio appassionato a favore di smartphone, tra due ali di selfie stick. Deliri, autografi e grida. «Chiaraaaaaaa!!!!». Cogli l'instagram.
Chiara - fresca, dolce e sorridente è la donna del festival (piacerà al #MeToo?): stasera l'evento sarà il red carpet e la proiezione pubblica del documentario biografico Chiara Ferragni. Unposted della regista Elisa Amoruso inserito nella categoria «Sconfini» della Mostra del cinema. Tacco, glamour, glitter, fan e crew. Intanto, ieri, è andata è andata in scena la prima parte del Ferragni-show. Preview riservata alla stampa dell'atteso biopic, sul quale grava il più pesante embargo che la Mostra ricordi: vietatissimo scriverne prima di 24 ore. E così al cronista (tacendo degli 85 minuti cinem-agiografici) non resta che dare conto del prima e del dopo proiezione. Riguardo al prima, a chi pensa di liquidare il fenomeno Ferragni come un bluff, va fatto notare che a memoria di festival non si era mai visto, almeno negli ultimi anni, per un film fuori concorso, tutta la stampa quotidiana schierata nelle prime due file della stessa sala alla stessa ora, da sinistra a destra: il Fatto quotidiano (Gianni Barbacetto era lì lì: entro o non entro. È entrato), la Repubblica, Stampa, Corriere, Giornale, Libero Liberi poi di scriverne malissimo (succederà), ma il film è un evento, e comunque la blogger bionda è una che ha dieci volte più follower dei votanti su Rousseau. Tra quotidianisti, blogger e giornalisti vari, la Sala Casinò (150 posti) è sold out. Chi scrive era fra Mariarosa Mancuso del Foglio e Marco Giusti di Dagospia, e davanti all'inviata del Sole24Ore Marta Cagnola. Cosa che ha nobilitato il servizio.
E riguardo al dopo, finito il film, a chi esalta acriticamente il fenomeno Ferragni andrebbero segnalati i pareri off the record delle grandi firme del cinema, dell'economia, del costume, della moda «Lei è di un'antipatia totale». «Comunque è un fenomeno». «Sì, vabbè chi è lei, lo sapevamo già. Manca una vera analisi sociale«. «Mi sono perso a livello di linguaggio filmico». «Troppe spiegazioni dei media manage». «Avrei voluto un filosofo che mi spiegasse la filosofia dell'influencer». «Che poi l'Amoruso non è mica l'ultima arrivata».
«Hai visto il post dalla Polinesia della Ferragni di qualche giorno fa? Ha detto che rivedendo la seconda volta il suo film ha pianto. A me basta la prima». Che, come stroncatura a misura di post non è male «Chiaraaaaaaa!».
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