Antidivo, elegante e artista L'interprete che vale doppio

Mattatore nell'opera di Ciprì e poersonaggio chiave nel film-evento di Bellocchio, Toni Servillo è la certezza dei festival

Toni Servillo
Toni Servillo

Venezia - L'attore. L'attore e basta. Senza cedimenti al gossip, al glamour, al fashion e a tutte quelle inflessioni anglofile che alimentano frivoli retroscena e pettegolezzi buoni per la stampa a caccia di effimero. Toni Servillo è l'attore integrale. Quasi un prototipo. Qualche tempo fa, da Sette è stato definito iperbolicamente «il più grande attore del mondo». Aristocratico, distante ad un tempo dalla mondanità e dal divismo imperanti, ma pure dagli eccessi di tanti giovani colleghi sempre in prima fila nelle guerriglie del cinema, Servillo è diverso anche dal comunistissimo Gian Maria Volonté al quale viene spesso accostato per il modo di concepire il mestiere. Un grande mestiere, totalizzante, da artista-artigiano. Una vocazione nata negli anni della gioventù trascorsi da spettatore a teatro e nelle sale. Quando però, come ha rivelato di recente al Venerdì di Repubblica, succhiava il futuro da altri modelli: «Un professore di liceo, un grande del teatro come Eduardo De Filippo, un politico come Enrico Berlinguer».
Toni Servillo da Afragola, classe 1959, sarà alla Mostra in due dei tre film italiani in concorso con altrettanti personaggi, diversissimi tra loro. Per Daniele Ciprì, regista di È stato il figlio, interpreta con tanto di barba incolta e canottiera, un ottuso padre di famiglia, un morto di fame palermitano. Il quale, con l'indennizzo ricevuto dallo Stato per aver perso una figlia in una sparatoria di mafia, s'incaponisce a comprarsi una Mercedes, simbolo di riscatto. Ma per Nicola Ciraulo, altro personaggio «senza possibilità di redenzione» della galleria servilliana, la Mercedes diverrà l'inizio della rovina. In Bella addormentata di Marco Bellocchio, invece, impersona un senatore di Forza Italia lacerato da un dilemma nei giorni terminali di Eluana Englaro. Uliano Beffardi è un ex socialista, vedovo, che, mentre sua figlia (Alba Rohrwacher), attivista del Movimento per la vita, manifesta davanti alla clinica «Quiete» di Udine, deve decidere se dar retta alla propria coscienza o alla disciplina di partito.
Non è un caso che Servillo debba sdoppiarsi ai festival. Accade spesso, infatti, che sbarchi in coppia e debba dividersi tra un personaggio e l'altro. È avvenuto già a Cannes nel 2008, quando accompagnava Il divo di Paolo Sorrentino in cui era Giulio Andreotti, e Gomorra di Matteo Garrone dove interpretava Franco, un camorrista trafficante di rifiuti. Entrambe le pellicole furono premiate. Stessa storia due anni dopo alla Mostra del Lido. Quella volta, però, il film in gara era solo uno, Noi credevamo, kolossal sul Risorgimento italiano di Mario Martone, nel quale dava volto e movenze a un Mazzini azzimato nonché proto-terrorista. La prova d'attore più efficace risultò tuttavia quella di Gorbaciof, presentato fuori concorso da Stefano Incerti, nel quale Servillo era un ambiguo cassiere del carcere di Poggioreale con il vizio del gioco. Un personaggio fulminante, titolare di una camminata sbilenca come un tic. Quell'anno non vinse nulla a Venezia. Ma si rifece un mese dopo quando al Festival di Roma conquistò il «Marc'Aurelio» come miglior attore in Una vita tranquilla di Claudio Cupellini, dov'era un ex camorrista che tenta di rifarsi una vita come ristoratore in Germania.
Lo sdoppiamento festivaliero di Servillo è una sorta di effetto perverso del suo personale calendario d'attore. Sul set va d'estate, «quando sono fermo con il teatro» precisò al Giornale. Sul palcoscenico sta tutto il resto dell'anno, quando non si risparmia tournée intercontinentali con La trilogia della villeggiatura di Goldoni o repliche anche in sale di provincia con Sconcerto, da un testo di Franco Marcoaldi. In questi giorni, invece, rispettando le sue fasi attoriali, sta girando La grande bellezza con il solito Sorrentino per il quale è l'attore feticcio dopo che lo scoprì per L'uomo in più e lo lanciò con Le conseguenze dell'amore, rivelazione della coppia cinematografica. Ora, accanto a Carlo Verdone e Sabrina Ferilli («con i quali sono contento di collaborare»), darà corpo e sarcasmo a uno scrittore napoletano che bazzica la Roma «cafonal» raccontata da Dagospia.
Nelle pause della lavorazione Servillo volerà in Laguna per accompagnare i suoi personaggi.

Un anno fa, a conquistare la Coppa Volpi come miglior attore fu Michael Fassbender, anche lui interprete di due ruoli, l'erotomane di Shame di Steve McQueen che gli valse il premio, e il tormentato Carl Jung di A Dangerous Method di Cronenberg. Quest'anno ad attendere Servillo in giuria ci sarà Matteo Garrone che lo diresse nel pluripremiato Gomorra. Tutto troppo scontato?

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