Cultura e Spettacoli

Atleti trans, Katyn, Verdi. Un'overdose di ipocrisie

Le ultime idee "corrette"? Non farsi le sopracciglia e censurare i libretti d'opera (ma Muti non ci sta...)

Atleti trans, Katyn, Verdi. Un'overdose di ipocrisie

«Non esistono la cancel culture, l'ideologia woke, il politicamente corretto pronto a degenerare ulteriormente da sanzione sociale a censura di Stato». È una tesi sempre più bislacca, ma si trova ancora qualche irriducibile pronto a sostenerla nonostante la realtà si incarichi di smentirla quasi ogni giorno. Al punto che la nostra rubrica sulla cancel culture, tra nostre «scoperte» e gentili «dritte» dei lettori, potrebbe occupare mezzo giornale. Infinita è la varietà del politicamente corretto, si adatta come un camaleonte a ogni aspetto della vita, quasi sempre rovinandolo con una overdose di ipocrisia se non di falsità. Ecco un elenco, per difetto, delle questioni sorte (o risorte) negli ultimi sette giorni. Come vedrete ce n'è per tutti i gusti. Si va dalle cose serie, che compromettono la libertà d'espressione, alle comiche rivendicazioni di certo femminismo passando per surreali questioni di genere.

INDIETRO SAVOIA A Pistoia, il professore del Liceo Amedeo d'Aosta chiede a gran voce di sostituire il viceré d'Etiopia con una donna, ad esempio l'astronoma Margherita Hack. Il Fatto quotidiano rilancia: perché prendersela con il solo Amedeo, che non era neanche il peggiore della dinastia? Meglio cancellare tutti i Savoia. Amedeo viene descritto come un truce colonialista, c'è una parte di verità ma si dimentica che migliorò le condizioni di vita degli africani. Si dimentica soprattutto l'atto di eroismo col quale guidò la resistenza agli inglesi nel 1941 in Etiopia. Amedeo infine si arrese ma ebbe l'onore delle armi che si concede al nemico corretto e valoroso.

INDIETRO POLACCHI Un paio di clamorosi esempi di cancel culture di Stato arrivano dal fronte ucraino e zone limitrofe. A Katyn, nella Seconda guerra mondiale, i sovietici decapitarono con una sola mossa l'intera società polacca, trucidando 22mila persone tra le quali erano compresi molti ufficiali. La propaganda di Stalin attribuì la strage ai nazisti, cercando di far dimenticare la brutale spartizione della Polonia ordita con Adolf Hitler, all'epoca alleato. Poi venne fuori la verità. L'Armata rossa aveva riempito quelle fosse comuni. In questi giorni, per ripicca, ma una ripicca pericolosa e indicativa, i russi hanno rimosso le insegne polacche dal memoriale dedicato ai martiri. Triplice obiettivo raggiunto: cancellare le vittime, riscrivere la storia, minacciare la Polonia.

INDIETRO RUSSI Da sempre, la guerra è anche guerra di parole. La propaganda è la prosecuzione (con altri mezzi) delle battaglie sul campo. Il parlamento ucraino ha consegnato a Zelensky un disegno di legge che mette al bando gli scrittori russi. Il provvedimento è stato chiamato con il suo nome: «censura». La Commissione cultura ritiene che sia necessaria in tempo di guerra e in prospettiva vorrebbe aumentare, nelle biblioteche pubbliche, il numero di autori ucraini. Quelli russi devono prepararsi a fare spazio e rassegnarsi a finire inscatolati in cantina. In Ucraina, i parlamentari giurano che si tratterebbe di una misura provvisoria, da ritirare all'armistizio. Naturalmente, il parlamento ucraino accusa la Russia di aver introdotto misure simili fin dal 2014.

MUTI SI RIBELLA Il maestro Riccardo Muti non ha nemmeno pensato di ritoccare il libretto del Ballo in maschera, opera di Giuseppe Verdi. Le parole incriminate sono «immondo sangue dei negri». Molti teatri (e direttori) hanno rimosso l'espressione. Muti, alla guida della Chicago Symphony Orchestra, ha liquidato il problema con queste parole: «Verdi non era un razzista. Cambiare il testo non cambia la Storia, mentre conoscerla nella sua crudeltà è importante per le nuove generazioni». Applausi. «Al Covent Garden stanno cambiando interi testi di opere. Sono contrario. La correttezza oggi è censura». Standing ovation.

GARE DI SESSO Dopo il caso del nuotatore trans escluso dalle gare femminili per schiacciante superiorità fisica, prende quota il dibattito sulle questioni di genere nelle competizioni sportive. Intere pagine sviscerano il problema sui quotidiani degli Stati Uniti. Ecco un breve riassunto. Per ridurre le differenze tra sportivi e sportive, negli Stati Uniti da anni sono state introdotte misure ad hoc. Sono giudicate un clamoroso successo, che ha permesso di emergere alle campionesse dell'atletica. Tutto bene? Per niente. Tali misure, stranamente per gli standard del politicamente corretto, accordavano una certa importanza alla biologia nella definizione del sesso. Ignoravano che oggi, grazie alle teorie sul sesso come creazione culturale e non naturale, anche un signore con baffi e attributi maschili può decidere di essere donna o di non riconoscersi in alcuna categoria, facendosi chiamare con il pronome «loro». «Loro stanno bene». «Loro chi?». «Loro io». A causa di questa arretratezza (?) le leggi contro la discriminazione sono ora ritenute discriminatorie. Si discute anche dell'allargamento delle vecchie specialità sportive a tutti i nuovi generi sessuali, che secondo alcuni studi recenti sono almeno ventinove. Buona fortuna a chi organizzerà le Olimpiadi del futuro.

LE GRANDI BATTAGLIE DEL FEMMINISMO La attrice Giorgia Soleri, che qui non chiameremo «fidanzata di Damiano dei Maneskin» per non cadere negli stereotipi del patriarcato, ha annunciato di volersi battere contro un'idea tutta maschile di bellezza femminile.

Dopo aver rinunciato a radersi le ascelle, Soleri ha rilanciato la provocazione: non si farà nemmeno le sopracciglia, e pazienza se un domani si farà strada un look alla Giuseppe Bergomi anche tra le donne.

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