Cultura e Spettacoli

"Aveva autorevolezza e una testa politica ma non era ideologico"

La giornalista: "Sapeva scegliere: ha scoperto moltissimi professionisti"

"Aveva autorevolezza e una testa politica ma non era ideologico"

Fredda, impeccabile per eleganza e per utilizzo della lingua italiana. Capace di raccontare i delitti più efferati servendosi del minimo delle parole, dosando le emozioni e senza mai indulgere nel macabro, che tanto va di moda nella «tv verità», Franca Leosini è uno dei volti storici di Raitre: ha partecipato alla rivoluzione portata avanti da Angelo Guglielmi sin dai tempi di Telefono giallo dove lavorava con Corrado Augias. Le abbiamo chiesto un ricordo personale del direttore di rete che l'ha scoperta.

Franca Leosini, come è stato il suo incontro con Guglielmi?

«Ho in mente come un fotogramma preciso. Ero alla mia prima esperienza televisiva a Telefono giallo condotto da Corrado Augias. Il programma era basato su inchieste costruite da noi giornalisti. Ero in diretta con Corrado commentando una mia inchiesta... È passato tanto tempo ma mi pare proprio fosse quella sulla contessa Filo della Torre. C'era Guglielmi in studio, mi guardava. Ricordo lui nel buio che mi sorrideva. Quando la trasmissione finì mi disse di passare il giorno dopo nel suo ufficio. Andai mi disse: Voglio che lavori per Raitre. Hai un'idea? Cosa vorresti fare?».

E Lei?

«Io dissi che avevo in mente Storie maledette. Mi rispose subito: Il titolo mi piace, voglio vedere cosa ci metti dentro. E quello che c'ho messo dentro sono state un centinaio di Storie maledette e tutto quello che poi ne è seguito».

Qual era lo stile da direttore di Guglielmi?

«Guglielmi era autorevole, non dava confidenza. Ma questa sua sorta di distanza era maieutica. Io ad esempio l'ho sempre chiamato «Direttore», mai per nome. Era davvero molto presente, un direttore che si vedeva. Ha lasciato un'impronta. Aveva questa capacità di scovare professionisti e di farli lavorare al meglio».

La sua Raitre era anche molto politica però...

«Aveva una gran testa e di conseguenza la sua era anche una testa politica. Chiaramente vedeva l'orientamento delle persone che lavoravano con lui. Ma non era ideologico. Non credo si sia mai messo a far calcoli su chi votasse per chi. Gli interessava il talento, la professionalità e la creatività. Ha costruito qualcosa che non c'era, una rete di contenuti nuovi. E le tracce del suo lavoro si vedono ancora ad anni di distanza. Ha scoperto un numero enorme di professionisti, alcuni dei quali adesso lavorano anche per altre reti. Ha lasciato un segno che si vede ancora. Per me la sua scomparsa è un dolore vero.

Ci mancherà».

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