La bacchettata

Siamo nell'anno di Rossini. Mostre, allestimenti, pubblicazioni ne celebrano il centocinquantesimo anniversario della morte ogni dove. La sua musica è sempre più eseguita ed ammirata, anche perché, come diceva il mai troppo compianto maestro Alberto Zedda, Rossini è imparentato «con la bellezza e con un edonismo nobile e raffinato. Non si ride e non si piange, ma il suo ascolto lascia l'animo ripiegato da un'atarassica leggerezza che aiuta a vivere.» A Rossini pensavo mentre assistevo a Solo, il nuovo one man show di Arturo Brachetti (passato dalla Lombardia al LAC di Lugano, dove lo abbiamo ammirato, prima di prendere la strada della Francia via Losanna). Brachetti sarebbe perfetto come attore-regista-scenografo- costumista in qualunque declinazione del «nobile e raffinato» buffo rossiniano. Ha un senso dei tempi teatrali formidabile, tale da annullare lo scorrere del tempo. E conosce tutti gli espedienti per rendere il «racconto» teatrale divertente e allo stesso tempo magico (e senza una goccia di scurrilità). Brachetti potrebbe non solo insegnare a tanti sedicenti registi trasformismi e prestidigitazioni da giocoliere antico, ma indicargli come sfruttare perfettamente tecnologie modernissime: le immagini cangianti che ottiene con la sand painting o gli effetti coreografico-scenici delle luci laser.

Signori direttori artistici, ecco qualcuno che può avvicinare chiunque al teatro in musica, soprattutto nelle sublimi farse e opere comiche di Rossini. L'entusiasmo che suscita dovrebbe valere come caparra. Provare per credere.

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