Il barcone di Raiuno naufraga nel mare dei luoghi comuni

Da una parte, le immagini di morte (ma anche di speranza) offerte dalla cronaca e forse capaci di cambiare la Storia. Dall'altra, le immagini patinate di Anna e Yuse f. Un amore senza confini , fiction di Raiuno sull'immigrazione (ieri la prima puntata), incapaci di raccontare una storia. Yusef, interpretato dall'attore algerino Adel Bencherif, è un ingegnere tunisino sposato con l'italiana Anna. La coppia non è vista di buon occhio da alcuni concittadini di Trento (si sa, il Nord è sempre un po' razzista nelle fiction). Lui vorrebbe costruire un ponte, metafora scontata dell'incontro fra le genti e le culture. Il destino li separa. Yusef è scambiato per un criminale e rispedito in Tunisia. Il Paese africano è instabile per via della Primavera araba. Anna parte per recuperare il marito, sulla sorte del quale presto girano voci inquietanti, e impara a conoscere il mondo islamico, non privo di pregiudizi. Questa sera la conclusione della vicenda. La fiction è dichiaratamente ispirata a una fotografia vera che ritrae una donna bionda su un barcone carico di immigrati. E infatti, a causa del caos totale, Anna decide di tornare in Italia su una carretta del mare (si capisce dalle prime inquadrature della miniserie). Si vede che andare all'ambasciata o al consolato era troppo complicato. Oppure si vede che gli autori vogliono farci vivere la «emozione» di un «viaggio della speranza». Gli spettatori giudicheranno quanto una fiction zuccherosa (e ricattatoria: o stai anche tu sul barcone con Anna o sei insensibile per non dire cattivo) sia adeguata a trattare un tema complesso come l'esodo verso l'Europa, il traffico di immigrati, l'integrazione, l'incontro e lo scontro di culture diverse.

L'incrocio tra la Storia e la storia d'amore si rivela un pasticcio indigesto. Il momento scelto per la messa in onda non aiuta: il romanticismo da fotoromanzo di Anna e Yusef esce ridicolizzato dal confronto con la potenza dei filmati trasmessi dei telegiornali.

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