Cultura e Spettacoli

La battaglia navale che è costata la guerra alla Germania

Matteo Sacchi

nostro inviato a Gorizia

Si potrebbe dire che la Germania la prima guerra mondiale l'ha persa il 31 maggio del 1916. Quel giorno nel braccio di mare a nord dello Jutland finirono le speranze tedesche di poter liberare i propri porti dalla morsa della flotta inglese, che impediva qualsiasi rifornimento. Senza quei rifornimenti, nessuna vittoria di terra avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi. Nel raccontare questa disfida tra giganti d'acciaio (lo scontro navale più grande di sempre) ieri a èStoria l'ammiraglio Roberto Domini, l'ammiraglio Ferdinando San Felice di Monteforte e lo storico Virgilio Ilari hanno ricostruito non tanto la battaglia, ma la sua genesi. Che è la genesi stessa del conflitto. Inghilterra e Germania erano ai ferri corti ben prima del 1914. E questa «Guerra fredda» la si giocò sul mare a colpi di corazzate. Nel 1906 gli inglesi vararono la Dreadnought, la prima corazzata monocalibro. Avrebbe dovuto convincere Berlino a stare al suo posto. La risposta dei tedeschi fu immediata, iniziarono a realizzare anch'essi grandi navi da battaglia progettate secondo la dottrina: «Primo galleggiare, secondo colpire». Ne nacquero vascelli di una modernità spaventosa. L'ammiragliato inglese, non riuscendo a competere in qualità, rispondeva con la quantità, la filosofia del «two ships for one».

Questa corsa alle «Super-dreadnought» era però insostenibile, entrambi i ministeri del tesoro tirarono un sospiro di sollievo quando si decise di sparare davvero. Però, ironia, nessuno nel 1914 o nel 1915 cercò lo scontro risolutivo. L'ammiraglio inglese Jellicoe non aveva voglia di giocarsi il tutto per tutto, era in vantaggio. L'ammiraglio tedesco von Scheer si limitava a piccole incursioni di cannoneggiamento. Intanto la pressione dell'opinione pubblica saliva da entrambe le parti. Poi, quasi per caso, il 30 maggio la flotta inglese uscì dai porti in forze e anche quella tedesca. Ne nacque uno scontro non voluto, cruento ma breve. La superiorità tecnica dei tedeschi e alcuni sbagli madornali degli inglesi (avevano imbarcato munizioni fuori dalle santabarbara corazzate) all'inizio favorirono la Hochseeflotte. Tre incrociatori da battaglia tra i più moderni della Home Fleet saltarono in aria come petardi. Ma il numero era dalla parte dei britannici. I tedeschi si ritrovarono sotto una pioggia di piombo e stretti a tenaglia. Si sganciarono a stento, forse perché l'ammiraglio Jellicoe, di nuovo, non volle rischiare troppo. Risultato? La marina tedesca non sarebbe mai più riuscita a uscire dal Mare del nord. Ma questo lo si capì dopo. I tedeschi dichiararono subito alla Reuters di aver vinto la battaglia (avevano distrutto 15 navi inglesi perdendone 11). Si guardarono bene invece dal dire che si erano comportati, né più né meno, come un pugile medio che salta sul ring, dà 3 o 4 rapidi cazzotti al campione dei massimi, stordendolo, e poi getta la spugna. La stampa britannica abboccò e ne nacque un vero putiferio contro Jellicoe. Ci vollero anni perché risultasse chiaro, come ha scritto Winston Churchill, che Jellicoe «era l'unico uomo in grado di perdere la guerra in mezza giornata».

Si accontentò di un brutto pareggio in mare e di fatto la vinse.

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