Bennato, ecco l'ultimo ribelle "Siamo finiti ma ce la faremo"

L'album "Non c'è" raccoglie inediti e vecchi capolavori: "L'ho pensato come se fosse il quotidiano di domani"

Bennato, ecco l'ultimo ribelle "Siamo finiti ma ce la faremo"

Se ci pensate, è proprio così: Edoardo Bennato è rimasto l'ultimo rompiscatole del rock italiano, l'ultimo mostro sacro che dopo oltre sessant'anni di carriera abbia ancora voglia di andare controcorrente, di mettersi in gioco e fuorigioco, di prendersi magari fischi e pernacchie ma di dire comunque quello che pensa. Mica poco, specialmente se sei nato nel 1946 e nel 1980 hai riempito San Siro ben prima di tutti gli altri artisti italiani.

Il ribelle Edoardo Bennato lo fa anche nel nuovo disco che si intitola Non c'è e, già dalla copertina, sembra la prima pagina di un quotidiano immaginario: «Nel guardare i titoli e i testi scritti sul foglio ho immaginato la prima pagina di un quotidiano dei giorni nostri, dove gli strilli in prima pagina esaltano e sottolineano argomenti e tematiche popolari di sempre, ma in particolare di questi ultimi tempi: Salviamo il salvabile, Bravi ragazzi, La realtà non può essere questa, Dotti, medici e sapienti, Non farti cadere le braccia, L'isola che non c'è». Come si vede, non tutti i titoli sono nuovi. «Tornare con un disco di soli brani inediti sarebbe stato ovvio, così ho riarrangiato, risuonato e ricantato alcune mie canzoni del passato», ha spiegato ieri durante una video conferenza nella quale ha suonato e cantato alla sua maniera, mescolando voce, chitarra e armonica. Ma non solo: ha anche fatto il guitto, ha improvvisato, si è divertito a imitare a denti stretti il sempre più chiacchierato De Luca. «Come si permette questo cantautore da strapazzo di giudicare me, il governatore che vi salverà?», ha sibilato usando il tono del governatore della Campania e definendolo poi «così grottesco che Totò sarebbe solo una sua spalla, un'ottima spalla». Idem con il sindaco di Napoli anche lui imitato nella parte in cui si difende dalle accuse di De Luca.

Dopotutto Bennato è sempre stato una voce fuori dal coro e questa sua candida spigolosità lo ha talvolta penalizzato: «Qui ho riassunto tutto il mio pensiero: siamo sull'orlo del baratro però ci salveremo». Le nuove canzoni sono il combinato disposto della sua estrazione musicale, sempre più blues, e di un assiduo sguardo sull'attualità, come nel brano Il mistero della pubblica istruzione: «E chi è che ci trova la soluzione del mistero della pubblica istruzione?». Oppure nel riferimento impersonale ma assoluto agli slogan politici di Signore e signori: «Fidatevi di me perché io sto parlando nel vostro esclusivo interesse».

Brano dopo brano, in Non c'è il filo conduttore non si interrompe mai, anche se gli inediti sono otto e, nella versione Lp, i pezzi già editi e spesso strafamosi sono addirittura quindici, come Bravi ragazzi, Cantautore, Mangiafuoco, Italiani, Non farti cadere le braccia. In Perché c'è anche Morgan che canta e suona il pianoforte, mentre nella nuova L'uomo nero si riconosce il feat di Clementino, che ha un flow riconoscibilissimo.

Invece La realtà non può essere questa riunisce i due fratelli, Edoardo ed Eugenio, in una canzone scritta e pubblicata durante il lockdown ma che, nonostante siano trascorsi mesi e mesi, è ancora terribilmente attuale: «Ammesso che si richiesto a me di dare messaggi, il messaggio è questo: l'Isola che non c'è (uno dei capolavori che ha ricantato - ndr) è utopia. Ma non possiamo rassegnarci a ipotizzarla e basta, la situazione è tale che dobbiamo darci da fare. Risolutamente, dobbiamo trasformare i nostri sogni e le nostre utopie in realtà».

Nel marasma di novità che intasano quotidianamente il mercato, questo Non c'è di Bennato ha suoni e toni completamente distanti dal «mainstream», dalle regole dei brani corti, radiofonici, legati a campionamenti o loop o autotune. È un album come si faceva una volta, con una buona dose di entusiasmo e altrettanta di convinzione.

Ed è l'album dell'ultimo dei mohicani che utilizza ancora la canzone come arma di discussione, non il post oppure l'apparizione tv. Ad esempio, spiega, «Bravi ragazzi sembra scritto ieri sera, è la colonna sonora di quello che stiamo vivendo in questi giorni». E poi cita una strofa quasi profetica visto che è stata scritta nel 1974 per il disco I buoni e i cattivi: «Una di notte c'è il coprifuoco, e pensare che all'inizio sembrava quasi un gioco.

Ora non c'è più tempo per pensare, tutti dentro, chiusi ad aspettare».

Insomma, Non c'è è il canto libero di un artista che si è liberato da tutti i vincoli e oggi può dire liberamente che «cercavo il successo 50 anni fa e anche adesso sono alla ricerca del successo». Più chiaro di così.

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