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Il boss: «Sbagliato mitizzare la mala»

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«L’aspetto rockstar del bandito Maniero? È fondamentale», scherza Elio Germano, che a Faccia d’angelo, fiction in onda su Sky Cinema il 12 e il 19 marzo, presta l’espressivo viso da impunito, caschetto castano anni Settanta e cappottino slim sulle spalle da fico del Brenta. Ed è persino sexy il suo «Felicetto», quando sorride con gli occhi, guidando sfrontato la Ferrari rossa o sfidando «il Siciliano» in tema di pil, prodotto interno lordo da tener d’occhio, nel Veneto affluente dei casinò e della droga da smerciare via Turchia. Però Felice Maniero, quello vero,il criminale a capo della mala del Brenta tra i Settanta e gli Ottanta, oggi cinquantesettenne imprenditore di casalinghi, nascosto in località e con identità segrete, non ci sta. «Non è così che si comporta un malavitoso, non come si vede nei promo della fiction. Una misera fiction per fare cassetta», spara il collaboratore di giustizia a Il Gazzettino. E ancora: «Non voglio che i giovani siano affascinati dalla delinquenza. Comandavo più di trecento persone e l’unico che ha veramente guadagnato soldi sono stato io. Tutti gli altri sono in galera, vecchi, distrutti, disperati». E la polemica deflagra mentre i capi di Sky, il regista della miniserie Andrea Porporati, anche autore di soggetto e sceneggiatura (con Elena Bucaccio e Alessandro Sermoneta) e il cast della saga sul «Toso» - di fatto, nello sceneggiato Maniero non si nomina - s’industriano a lanciare il prodotto della Goodtime di Gabriella Buontempo. «Prima Maniero guardi le due puntate, poi giudicherà. Quanto al fare cassetta, non siamo al cinema», puntualizza Niels Hartmann, boss di Sky al quale fa eco Germano, che nei panni criminali sta come un pesce nell’acqua. Ha un bel dire l’attore italiano più premiato degli ultimi tempi (Palma d’oro a Cannes 2010) che tivù e cinema non nascono per educare: voleranno comunque gli stracci. Del resto, la serie Romanzo criminale ha fatto scuola. E in tutta Europa la mala in bella copia, paga: dal francese Mesrine alla miniserie franco-tedesca Carlos, i malavitosi inchiodano allo schermo. «Mi sono distaccato dall'idea del solito criminale, insistendo sul sorriso, sulla persona rispettabile di cui tutti si fidano. E giocando sul rapporto con sua madre.

Non volevo raccontare la vita di Maniero. Né l'ho mai cercato, anche se mi piacerebbe incontrarlo, per sapere cosa pensa del film», osserva Germano,qui efficace nello pseudo-dialetto veneto, appreso da Katia Ricciarelli, sua madre per fiction.

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