Piccoli festival crescono. Poi uno dice che mancano gli spazi per fare musica. No, mancano le idee. Renzo Rubino ne ha avuta una che in pochissimo tempo è già candidata a diventare uno degli eventi dell'estate musicale. Si chiama «Porto Rubino» ed è nato quasi a bruciapelo tre anni fa grazie a questo cantautore, pugliese e atipico, consacrato dal Festival di Sanremo e poi dalla critica musicale. «Ogni volta è complicatissimo mettere tutti i tasselli a posto», spiega nel bel mezzo della settimana di concerti, incontri e navigazione che dal 19 luglio andranno avanti fino al 25. La rotta è prestabilita. I concerti invece sono talvolta improvvisati, magari senza scaletta precisa, semplicemente frutto dell'ispirazione del momento o del luogo.
«Siamo su di un caicco da 20 metri, in legno, abbastanza antico, del quale sono il capitano», dice lui. Luogo del Festival: le coste della Puglia dall'Adriatico allo Ionio. Obiettivo: salpare e poi suonare in porto davanti al pubblico (con le regole anti-Covid rigorosamente rispettate). L'artista sul ponte del caicco. Il pubblico sul molo. E anche questo è un modo di scassinare rispettosamente il «solito» rituale di palco e platea. «Abbiamo iniziato lunedì a Polignano a Mare con Vinicio Capossela e il suo Mare luogo del fato, da Omero a Melville. E il concerto è stato davanti al Molo di San Vito, dove una volta portavano i malati, un luogo che ricorda il Ballo di San Vito, uno dei suoi brani più famosi».
Poi c'è stato Edoardo Bennato, uno che Rubino giustamente definisce «un pirata». «Bennato - dice - è un artista trasversale che ha cambiato la canzone d'autore italiana. E ascoltare la sua L'isola che non c'è è stato davvero emozionante, specialmente in questo periodo storico».
Insomma una liturgia diversa del concerto, un esperimento pazzo che, edizione dopo edizione, viene riconosciuto e consacrato dagli artisti. «Porto Rubino - dice il cantautore - non è un festival di genere con la ritualità scandita dai soliti tempi. È un porto di mare nel quale tutti parlano la stessa lingua, non è un codice d'accesso che non sia la musica di qualità». E così, da Francesca Michielin («La inseguivo da tempo, un talento vero») fino alla festa finale di domenica 25 a Maruggio di Campomarino in provincia di Taranto con Mahmood, Francesco Bianconi, Giovanni Truppi, Margherita Vicario, Motta e Gino Castaldo, «Porto Rubino» si conferma il primo evento organizzato da un artista per altri artisti. Ha inaugurato la tendenza, Renzo Rubino, visto che adesso c'è pure l'Eolie Music Fest di Samuel dei Subsonica a Lipari.
Insomma, libertà.
La musica esce dal conformismo rituale e si concede una vacanza per sparigliare le carte, prendersi qualche licenza, accendere altra ispirazione. Una sorta di ideale ritorno al passato quando i concerti erano scintilla di eventi piccoli o grandi ma pur sempre significativi. Non a caso, questo cantautore 33enne nato a Taranto ma cresciuto a Martina Franca, è sempre andato contro le regole, mescolando musica d'autore e antica teatralità, uscendo dai luoghi comuni e, soprattutto, smarcandosi dalla visibilità a tutti i costi a colpi di storie su Instagram oppure di tweet polemici.
Lo conferma anche il suo nuovo singolo Giocare, che è bello e irrituale e anticipa il disco Giocattoli marevigliosi che uscirà dopo l'estate. «Mentre intorno a noi era tutto cupo, durante il primo lockdown mi è uscito un intero album», dice lui preparandosi al prossimo appuntamento, ossia il concerto (all'alba di stamattina, già tutto esaurito) di Michele Bravi e del grandioso Roy Paci. «È un disco di favole, un modo per ricordare a tutti come si fa a essere felici per qualche momento, senza troppi patemi e troppe sovrastrutture. Anche per questo ho registrato le canzoni usando anche gli strumenti giocattolo di mia nipote».
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