Carità e fede (con un mistero) nelle lettere di don Gnocchi

Luigi MascheroniIl grande prete con la sua immensa carità, e il bambino che voleva fare l'archeologo con la sua candida ingenuità. È la storia raccontata dal carteggio fino a oggi inedito raccolto nel volume Caro Giorgio, tuo don Carlo. Lettere e cartoline inedite a Giorgio Buccellati (1941-43) di don Carlo Gnocchi (Interlinea, pagg. 88, euro 12; a cura di Giovanni Santambrogio; il libro ha anche un'edizione personalizzata promossa dalla Fondazione «Il Cavallo Rosso» e dall'Istituto scolastico «Don Carlo Gnocchi» di Carate Brianza, primo di una lunga serie di eventi per il 2016, 60º anniversario della morte di don Gnocchi).E la storia è quella del sacerdote di San Colombano al Lambro, in quel momento - siamo agli inizi degli anni Quaranta del '900 - direttore spirituale dell'Istituto Gonzaga di Milano, amico della famiglia Buccellati, i celebri orafi e gioiellieri (quattro dei cinque figli sono suoi alunni), il quale inizia una sorta di rapporto educativo a distanza con il minore dei Buccellati, Giorgio, piccolissimo: ha appena 5 anni. A lui, per il tramite della madre, don Carlo scriverà con costanza per due anni quando sarà, prima, tra gli alpini sul fronte greco-albanese e, poi, cappellano militare sul fronte russo. Ma le lettere, anche se indirizzate a un bambino, «non sono affatto bambinesche», riconosce il destinatario, il quale oggi ha 78 anni, vive a Los Angeles dove è professore alla UCLA, ed è archeologo di fama mondiale: con la moglie Marylin scoprì negli anni Ottanta l'antica città di Urkesh, in Siria, capitale del popolo Urrita di biblica memoria.Il carteggio è breve, eppure, come spesso accade nelle cose «minute», dentro c'è tutta la grandezza morale e umana di don Carlo: la sua attenzione assoluta per la persona, la sua carità, la dedizione agli altri, la preoccupazione per i suoi alpini - è il futuro patrono dei mutilati di guerra -, la fede granitica, la sua ironia persino (c'è una cartolina del dicembre '43 che raffigura una Natività: accanto a una pecorella don Carlo scrive a penna «lana non autarchica»...).

E, dentro, c'è anche un piccolo mistero: in una lettera dal fronte russo, dell'agosto '42, don Gnocchi parla di un ciondolo regalatogli dai genitori del piccolo Giorgio e che ha attaccato al suo crocifisso per tenerlo sempre con sé... Qualcuno si è chiesto dove sia finito. Sul corpo di don Carlo, beatificato da Benedetto XVI nel 2009 e da allora nella chiesa della Fondazione «Don Gnocchi» a Milano, non c'è.

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