Coronavirus

Caro presidente, riapriamo le librerie

Prosegue il dibattito avviato dal Giornale. "Le librerie sono un patrimonio economico e morale necessario per salvare l'intera editoria", afferma lo scrittore ed editore Gianluca Barbera, che rivolge un appello al Capo dello Stato

Caro presidente, riapriamo le librerie

Prosegue il dibattito sulla riapertura delle librerie, aperto dall'articolo di Luigi Mascheroni sul Giornale di domenica scorsa, "Chiudersi in casa riaprendo le librerie". Oggi interviene lo scrittore, editor ed editore Gianluca Barbera.

Stimato Presidente Mattarella, mi rivolgo a lei per un appello fatto col cuore. Io sono solito usare molto la testa e poco il cuore, questo a volte mi rimprovera mia moglie. Ma questa volta è innanzitutto col cuore che voglio parlare, mi si perdoni dunque le molte incertezze che incontrerà in questa lettera che le indirizzo.

Qualche giorno fa, nel mezzo delle mie caotiche letture mi sono imbattuto in questa frase: «Entrai nella libreria e aspirai quel profumo di carta e magia che inspiegabilmente a nessuno era ancora venuto in mente di imbottigliare»». Queste parole le ha scritte Carlos Ruiz Zafón ne Il gioco dell'angelo, ma avrebbe potuto concepirle chiunque di noi, noi che amiamo i libri, la lettura, il pensiero, la discussione, la circolazione delle idee.

Biblioteche, librerie, musei, teatri, circoli culturali da alcune settimane sono chiusi e questa è una tragedia, che ovviamente si inserisce nel contesto di una tragedia ancora più grande, ma che non va sottovalutata. In pratica quasi l'intero circuito culturale del nostro Paese è al momento sospeso, congelato. Prendiamo le librerie, che sono il soggetto che sta soffrendo di più. Non voglio dire che non possano restare chiuse per qualche settimana, in fondo non chiudono tutti gli anni in agosto? Il punto è che i tempi di questa chiusura non sono prevedibili. Il punto ulteriore è che questa chiusura si trascina dietro nel baratro un intero settore, l'intera filiera: autori, editori, distributori, grossisti, promotori, addetti e lettori. Sì, anche loro. Si dice che in Italia si legge sempre meno. Sarà anche vero ma siamo pur sempre milioni, per fortuna. La forza e la bellezza di una nazione sono date, tra le altre cose, dal suo grado di civiltà, e che cosa è la civiltà se non cultura, libri, dibattito, diritti, e naturalmente anche doveri?

I diritti al momento sono sospesi. Lo so, non senza ragione. Ma si tratta comunque di un fatto del tutto inedito. Nessuno di noi aveva mai sperimentato una cosa simile. I libri in casa non mancano e volendo i classici sono reperibili anche su Internet. Il punto non è la lettura. Quella non è in discussione. Il punto è il futuro della nostra editoria e dunque della nostra produzione di cultura, la quale resta legata ovviamente alla possibilità di far nascere e circolare le nuove idee. Senza editoria non c'è circolazione di idee. Un domani potrà forse svilupparsi un nuovo modello di circolazione delle idee. Ma oggi questo è l'unico che abbiamo. Stimato Presidente, tutti sappiamo che librerie, biblioteche, musei e teatri sono luoghi solitamente non molto affollati (ahimè), ma sappiamo anche che sono i luoghi cruciali della vita morale di un Paese. Non sempre è il numero a contare. Più spesso è, per così dire, la qualità morale dell'aria. Librerie, biblioteche, musei, teatri sono luoghi dove le misure di distanziamento sarebbero più facilmente applicabili che altrove. Non può sfuggirle che più passa il tempo e meno il settore culturale nazionale sarà in grado di risollevarsi. Le novità librarie già si ammassano. Il lavoro di anni di autori rischia di rimanere sepolto. Quando riapriranno, le librerie si troveranno sommerse dall'arretrato, molti libri verranno restituiti senza aver mai visto veramente la luce, molti altri non vedranno mai la luce. L'Associazione italiana editori calcola già quaranta milioni di copie prodotte in meno nel 2020 e un venticinque per cento di nuovi titoli che mancheranno all'appello. Questo significa mancanza di lavoro per gli autori e per tutti gli addetti del settore. Dietro questi numeri si nasconde il dramma di molte persone, perché dietro ogni libro c'è il paziente lavoro di migliaia, decine di migliaia di individui che fanno questo mestiere, solitamente poco remunerativo, per pura passione, per amore del sapere. Può essere tutto cancellato da un virus? Io dico di no. Dico che non è giusto e non può essere. Se siamo arrivati fin qui, se l'umanità ha prodotto tutte le meraviglie del pensiero che conosciamo, da Dante e Shakespeare a Proust e Musil, io dico che non sarà certo un virus a fermarci, come non lo ha potuto la peste nel Trecento e nei secoli successivi. Non le chiedo perciò di far ripartire l'intera filiera del libro già domani, le chiedo soltanto di adoperarsi affinché al momento della ripartenza il libro e tutti i luoghi della cultura siano messi in cima, posti tra le priorità, per il bene di tutti. Le saremo tutti immensamente grati per quello che vorrà fare al riguardo.

Con immensa stima.

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