Casamonti, l'arte di scegliere il '900

Il famoso gallerista apre un palazzo per i suoi "pezzi" più belli

Casamonti, l'arte di scegliere il '900

da Firenze

Suscita almeno meraviglia una collezione d'arte così importante in mano privata, soprattutto tenendo conto che la persona è uno dei più importanti galleristi italiani. È pur vero, però, che per fare bene il mercato la passione per il collezionismo rappresenta il miglior viatico.

Roberto Casamonti, fiorentino alla soglia degli 80 anni, ha fondato la Galleria Tornabuoni nel 1981, ma la passione per l'arte gli arriva da quando col padre visitava lo studio di Ottone Rosai, «rapito a guardare quel mondo così lontano. Il mio sguardo si posava su ogni dettaglio, odore, parola o pausa», racconta al critico Bruno Corà. Partito dal '900, con le opere di Casorati, Carrà, de Chirico, Mafai, Guttuso, Casamonti ha continuato a sviluppare la propria ricerca dal figurativo all'astratto, indagando tutto il 900 e interessandosi ai linguaggi d'avanguardia, da Fontana a Burri, da Manzoni all'Arte Povera.

La Tornabuoni Arte vende in tutto il mondo e attualmente sviluppa la propria attività su sei sedi la storica sul Lungarno Cellini a Firenze, a Milano, Forte dei Marmi, Parigi, Londra e Crans Montana - partecipando alla grandi fiere internazionali. Eppure Casamonti ha continuato a mettere via un capolavoro dietro l'altro, quei gioielli che ora presenta al pubblico della sua città nel palazzo Bartolini Salimbeni. Una collezione che starà su un anno (indispensabile prenotare la visita) e sarà seguita dalla seconda parte, dedicata al contemporaneo dove si vedranno gli sviluppi del presente con Anish Kapoor, Bill Viola e Tony Cragg.

Al piano nobile del Palazzo cinquecentesco, capolavoro architettonico do Baccio d'Agnolo per niente amato dai suoi contemporanei, sono allestite un centinaio di opere: parte dall'inizio del XX secolo con Fattori, Boldini, il Balla pre-futurista e arriva fino al 1968.

C'è stropicciarsi gli occhi: Sironi del '21, un paesaggio di Morandi del '42, Casorati del '51, Soutine del '18, Klee del '35, il grande Fautrier del '41, un paio di Picasso, un curioso Le Corbusier, i Burri da capogiro, un sei tagli bianco di Fontana, alcuni tra i Castellani più monumentali, e ancora Klein, Nevelson, Kounellis, la Jackie di Andy Warhol, Albers. Elenco degno di un grande museo.

Con alcune curiosità. Racconta, a proposito del Combattimento dei gladiatori di de Chirico (1932) che il quadro fu danneggiato dall'alluvione del '66. «L'avevo venduto, me ne sono pentito e dopo dieci anni ho avuto la fortuna di ricomprarlo... Dietro il quadro c'è ancora la targhetta degli anni '30 collezione commendatore Ezio Casamonti. Sono certo che non lo venderò mai più».

In quanto a Fontana, in pochi lo volevano nel 1986 quando ne inaugurò la mostra. «Entrò una persona che fece cenno di sputare su un quadro. Questa non è arte, disse. E io: Ci vedremo nel tempo! E il tempo ha dato ragione a Fontana». E ovviamente anche a Casamonti.

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