Nostro inviato a Venezia
Il cocktail party più riuscito è stato quello del gruppo Gucci a Palazzo Grassi in occasione del premio a Julian Schnabel, regista e pittore in pigiama di seta disegnato dalla moglie stilista. Champagne, finger food di prim'ordine, grande professionalità dei camerieri, molta eleganza fra gli invitati. La cena più blindata, quella organizzata dall'ambasciatore di Taiwan nella sala degli Stucchi dell'Excelsior. Il successivo ammaino della bandiera dai pennoni della Mostra, dopo la protesta ufficiale della Cina, che, come è noto, non riconosce Taiwan, aiuta a spiegare il perché.
Il Festival di Venezia, si sa, non è solo film, è anche glamour, feste, divi e divertimenti. Quest'anno ci si è dati da fare in modo particolare, se si pensa ai mille metri quadri a bordo piscina dell'Excelsior trasformati by night dalla Pool in occasioni mondane, con tanto di ristorante firmato Gualtiero Marchesi, giochi luminosi di Fabbian e una mucca dorata e alata, coperta di autografi illustri e messa all'asta per il Fai, Fondo per l'ambiente italiano.
Molto funzionale anche lo spazio Lancia caffè, sempre sulla terrazza dell'albergo, che ha visto un susseguirsi a getto continuo di incontri stampa e di presentazioni. Proprio qui la rivista Ciak ha tenuto l'ormai consueto party che porta il suo nome, svoltosi all'insegna di «festa spostata, festa fortunata». All'inclemenza del tempo, che il giorno fissato ne aveva impedito la celebrazione, ha fatto seguito, quarantotto ore dopo, il tutto esaurito e un pienone del cinema Italian Style.
All'insegna del «ogni serata un evento», quello organizzato sul rompighiaccio russo Prometej di Alberta Ferretti, in onore di Richard Gere, è risultato il più citato per la qualità del cibo, firmato Harry's Bar, e per il decor in bianco e blu.
Ancora da segnalare, lo spuntino casareccio alla Festa degli uffici stampa al Blue Moon, il quasi digiuno, per motivi di stomaco, di Woody Allen all'Harry's Bar («sono come un bambino in una pasticceria dove può solo guardare e non toccare» ha confessato mestamente ad Arrigo Cipriani), la palma di stilista preferito dalle star del cinema asiatico a Roberto Cavalli.
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