Chiaromonte, l'anti-totalitario "morale" ribelle al fascismo e nemico del comunismo

Un saggio sul percorso ideologico e politico di un raro pensatore indipendente

Chiaromonte, l'anti-totalitario "morale" ribelle al fascismo e nemico del comunismo

Nicola Chiaromonte (1905-72) è stato uno dei maggiori intellettuali italiani del '900. Esiliato in Francia per la sua avversione al fascismo, aderì a Giustizia e Libertà, ma la abbandonò presto per dissensi con Carlo Rosselli. Nel 1936 accorse in Spagna al fianco della Repubblica, nella squadriglia area di André Malraux. Quando Parigi fu invasa dall'esercito tedesco, fuggì a New York, rimanendovi fino al '47. Durante l'esilio americano collaborò con alcune riviste di area democratico-progressista come Partisan Rewiew e Politcs. Dopo il suo ritorno in Italia, con Ignazio Silone diede vita, dal 1956 al 1968, a Tempo presente, la rivista «terza forzista» che esprimeva un punto di vista autonomo perché non inclinava a destra, né a sinistra e non era di centro: era, semplicemente, indipendente.

Autore in vita di un solo libro, Credere e non credere, Chiaromonte ha pubblicato decine di articoli e di saggi sparsi in giornali e periodici; ed è stato, inoltre, prolifico scrittore al centro di un epistolario immenso con alcuni tra i maggiori intellettuali europei e americani: da Caffi, a Rosselli, da Camus ad Aron, da Orwell a Salvemini...

Chiaromonte, antifascista e anticomunista, radicalmente antitotalitario, rappresenta la paradigmatica figura del libero pensatore lucidamente disincantato, ma animato da un profondo amore per i grandi ideali di emancipazione umana per i quali lottò tutta la vita; una militanza condotta senza sottostare alle direttive di alcun partito e di alcuna chiesa perché poneva in primo piano il primato della coscienza morale. Esattamente il contrario del plumbeo conformismo filo comunista dell'engagement, comune a molti intellettuali del tempo. Coscienza critica inquieta e irriducibile a ogni omologazione politica, culturale, religiosa e sociale, si rivolgeva verso un socialismo non violento, eretico, libertario e umanista.

Esce ora, ad opera di Cesare Panizza, una notevole ricostruzione della sua vicenda esistenziale e del suo tormentato percorso politico-culturale: Nicola Chiaromonte. Una biografia (Donzelli). Un percorso intellettuale che dà conto di uno dei grandi problemi dell'età contemporanea, ovvero il rapporto fra etica e politica, specialmente da quando le ideologie novecentesche hanno tentato di sintetizzare in un unico modulo sistemico le due istanze, cercando di risolvere i problemi dell'etica attraverso la politica. Ciò risulta particolarmente evidente nel caso del comunismo, da lui definito religione secolare.

Il comunismo, infatti, proprio in quanto religiosità secolarizzata, essendo pervaso da un irrimediabile «machiavellismo» a causa del suo storicismo deterministico (il fine è buono e certo, si può quindi soprassedere sui mezzi), portava gli intellettuali che lo propugnavano a una sostanziale malafede perché essi, pur consapevoli dei mezzi adottati, ne giustificavano la prassi, rovesciando la fede nell'avvenire nella malafede del presente: «La nostra epoca non è un'epoca di fede, ma neppure di incredulità. È un'epoca di malafede, cioè di credenze mantenute a forza, in opposizione ad altre e, soprattutto, in mancanza di altre genuine».

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