Cultura e Spettacoli

Una collana di libri che fa propaganda come il Pci anni '40

Sulla geometrica potenza dell'antifascismo militante si era già espresso pagandone le conseguenze in termini professionali e umani - Giuseppe Prezzolini

Una collana di libri che fa propaganda come il Pci anni '40

Sulla geometrica potenza dell'antifascismo militante si era già espresso pagandone le conseguenze in termini professionali e umani - Giuseppe Prezzolini: «In Italia non c'è stata una rivoluzione antifascista. Gli antifascisti hanno vinto mediante le bombe americane e inglesi. Se non ci fosse stato l'esercito alleato, mai gli antifascisti avrebbero fatto cadere Mussolini». In un Paese normale poco altro vi sarebbe da aggiungere, se non corroborare questa perentorietà al limite del cinismo con le migliaia di pagine vergate da Renzo De Felice e internazionalmente riconosciute come esaustive sull'intero fenomeno. Invece, non è stato così.

Una nuova collana delle edizioni Laterza scimmiotta luoghi comuni che non raramente inondano i social e tenta di confutarne le superfluità. Ma, proprio perché li scimmiotta, cade nella stessa rete. Attraverso un canone analitico, per certi versi, uguale e contrario, ricalca, peggiorandoli, gli stessi stilemi. Cosa che è deprimente e mette pure tristezza. Nel tentativo di rimarcare la propria superiorità culturale si riversa ulteriore furore in un discorso già interamente artefatto dall'ideologia esaltando il solito antifascismo in servizio permanente effettivo (in assenza di fascismo!). Insomma... una boriosa altezzosità che impedisce qualunque asettica e serena analisi di un mosaico che è sì complesso ma che viene sempre letto con approccio manicheo.

E allora le foibe? di Eric Gobetti, Anche i partigiani però... di Chiara Colombini e L'antifascismo non serve più a niente di Carlo Greppi (questi i primi tre volumi della collana) rappresentano il tentativo malizioso di smontare tesi che si ritengono di parte e verità che, finalmente, dopo un estenuante settantennio, paiono volersi consolidare nel sentire comune. Partendo da certe approssimazioni, che pur riemergono con una certa periodicità, le condiscono con dichiarazioni di qualche nostalgico più avvezzo al folklore che alla seria analisi arrivando così a conclusioni del tutto simili a quelle che si potevano leggere nei volantini propagandistici del Pci a fine anni Quaranta.

Eric Gobetti ci racconta della manipolazione intorno alla storia delle foibe e alla creazione del Giorno del Ricordo come «refrain tipico di chi sostiene il risorgente nazionalismo italico e vuole zittire l'avversario». Chiara Colombini spiega invece che sui partigiani «prende forma un racconto che azzera i contesti, semplifica brutalmente, trasporta gli avvenimenti del passato nel presente per giudicarli con il metro dell'oggi». E così via... in una sorta di distopia al contrario, dove un antico filone della letteratura storiografica rilegge una fase della nostra storia completamente colonizzata dal partito comunista e dai suoi intellettuali di riferimento ma la fa passare come sottomessa al giogo dei più ottusi negazionisti.

Tutto ciò mette tristezza perché ai cliché e al folklore di certe approssimazioni rispondono con lagnosi déjà vu che puntualmente sprofondano in moralismo spiccio.

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