Così i restauri riportano in vita la «bellezza ritrovata» dell'arte

Da Caravaggio a Rubens, da Perugino a Lotto, in mostra a Milano decine di capolavori tornati al loro splendore grazie al progetto «Restituzioni»

Per raccontare certe storie, basta partire da un particolare. Nella Locride, a Casa Marafioti, i maestri artigiani della Magna Grecia realizzarono una scultura in terracotta, perfetta per decorare il tempio locale: aveva le sembianze di un giovane cavaliere sostenuto da una sfinge con le braccia levate. Accadeva nel 400 a.C., ma solo negli anni Dieci del Novecento quel grande archeologo che fu Paolo Orsi riuscì a riportare alla luce il Cavaliere Marafioti, intuendo che gli oltre 180 frammenti dello scavo, tra loro apparentemente scollegati, avrebbero dato vita a una cavalcata affascinante iniziata tanti secoli prima. Ci vollero quindici anni per portare a termine il lavoro di ricomposizione di questo gruppo equestre di rara bellezza: conservato al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, è stato nuovamente restaurato per studiarne meglio i colori e l'iconografia. Gran pezzo unico, questo Cavaliere Marafioti: la sua storia, finalmente riemersa alla luce, è una delle tante che scopriamo visitando La bellezza ritrovata, mostra a cura di Carlo Bertelli e Giorgio Bonsanti aperta sino al 17 luglio alle Gallerie d'Italia di piazza Scala a Milano.

Il cavaliere è esposto tra un'infilata di lavori (54 nuclei di opere d'arte, per un totale di 145 pezzi) dal XIII secolo avanti Cristo ai primi del Novecento, dai sarcofagi romani alla tela Madre e figlio di Carrà del '17. Ci sono persino dipinti che si studiano sui libri di storia dell'arte come il Ritratto di cavaliere di Malta del Caravaggio, travagliata opera del 1608, il maestoso Cristo risorto di Rubens, la delicata Crocifissione con la Vergine e S. Girolamo del Perugino, opera cinquecentesca e, di poco successiva, l'Adorazione del Bambino di Lorenzo Lotto. Che cos'hanno in comune? Deperivano sotto i nostri occhi, ma un restauro li ha salvati: eccola, la storia che intendiamo raccontare.

Accade in Italia mentre discutiamo di art bonus e di modelli di partecipazione tra pubblico e privato che una banca, Intesa Sanpaolo, abbia avviato dal 1989 un programma di mecenatismo culturale di concerto con le soprintendenze locali (e questa, vista la burocrazia, pare già una notizia): si chiama «Restituzioni» e ogni biennio seleziona un nucleo di opere che necessitano di interventi urgenti, le restaura in maniera certosina e le restituisce alla pubblica fruizione. La bellezza ritrovata espone ora tutte insieme le «restituzioni» dell'ultimo biennio: «Un Gran Tour lungo trenta secoli di storia dell'arte concentrati in duemila metri quadrati», ci spiega Michele Coppola, responsabile delle attività culturali del gruppo bancario.

Ci sono grandi nomi - i già citati Caravaggio, Rubens, Lotto, Perugino - ma soprattutto grandi storie dietro ciascuna delle opere restituita alla sua antica bellezza. Storie come quella del cavaliere della Locride o come quella dei frammenti di intonaco della Chiesa di San Pietro all'Olmo a Cornaredo, comune in provincia di Milano. Tutto comincia per caso, con i lavori di ristrutturazione della chiesa perché è troppo fredda per i fedeli: rompendo il pavimento vengono trovati migliaia di tasselli colorati. Gli studiosi scoprono che appartengono a una chiesa antica, probabilmente crollata con il terremoto che nel 1117 imperversò su Milano. Si cerca nei testi, si confronta con opere coeve in Lombardia e, con pazienza, si riesce a dare forma al puzzle: emergono scene del Vangelo e degli Atti degli Apostoli. Lavoro compiuto? Affatto: c'è ancora tanto da scoprire, ché è anche questo il fascino di una mostra con tante storie da narrare.

Ci sono poi vicende che paiono uscite da un romanzo, come quella della «casula di Lanciano», prezioso paramento liturgico in lino degli inizi del Trecento trovato per caso in un foro del campanile di una chiesa del borgo in provincia di Chieti: mani sapienti di restauratori tessili hanno «restituito» alla casula la sua bellezza originaria.

Sono storie come queste che hanno affascinato finora trentacinquemila visitatori, con una media di mille ingressi al giorno alle Gallerie d'Italia dove la mostra è allestita da un mese. I dati ce li fornisce Coppola, ma senza indugiare sull'investimento («direi che non esiste un programma di restauro simile al nostro»): a spanne, calcoliamo che il milione di euro per gli interventi di questa diciassettesima edizione di «Restituzioni» è stato superato.

Lasciamo i numeri ricordando però che la mostra ha un biglietto simbolico pari a 5 e 3 euro, e che è gratis per gli under 18 - e torniamo alle opere esposte, tra cui spiccano anfore greche arrivate da Ravenna, il Ratto delle Sabine di Luca Giordano, i vetri dei maestri di Murano, la splendida croce di Chiaravalle del museo del Duomo e persino un'antica armatura giapponese donata al re d'Italia dall'imperatore nipponico e conservata all'Armeria reale di Torino.

Sono capolavori, felice mescolanza di guizzi geniali e sapienza artigiana, che abbracciano i secoli e le diverse regioni italiane: insieme in mostra ancora per un po', saranno alla fine restituiti, nella loro bellezza ritrovata, a musei, chiese e luoghi da cui provengono. E delle storie che abbiamo raccontato finora, questa è la più bella.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica