Cultura e Spettacoli

"Dalle balere a New York Stavolta porto sul palco la mia vita da testarda"

L'artista debutta sul palco del Nuovo di Milano «È il mio One Iva Show, un romanzo popolare»

"Dalle balere a New York Stavolta porto sul palco la mia vita da testarda"

La scena ebbe qualcosa di profetico. «Era il 55, avevo 15 anni. Alla radio Claudio Villa vinceva a Sanremo con Buongiorno tristezza. Saltai in piedi su una sedia, urlando come una pazza, e mamma Elsa mi appioppò una sberla: Sei ammattita?». In effetti sarebbe stata una follia pensare che dodici anni dopo il festival l'avrebbe vinto proprio lei, quella ragazzina scatenata, e proprio in coppia col reuccio Villa. «Ma la mia vita è tutta così. Dalle mulattiere di Ligonchio al Madison Square Garden di New York; dalle balere romagnole alla vittoria (unica donna) a tre festival di Sanremo». La vita di Iva Zanicchi: uno spettacolo. E lo sarà davvero in Una vita da zingara: lo One Iva Show (lei lo chiama così) con cui dal 16 al Nuovo di Milano riepilogherà 23 canzoni e 78 anni d'una esistenza lunga e ricca come un romanzo popolare.

Perché mamma Elsa le appioppò quella sberla, quando lei saltò su quella sedia?

«Perché sessant'anni fa a Ligonchio si viveva come oggi si vivrebbe su Marte. In un altro mondo. Quando partii per Reggio Emilia per fare la cantante pareva mi stessi avviando ad un bordello di Amsterdam. Se non fosse stato per il parroco don Erio anima santa! - sarei ancora lì, al paesello, a fare la polenta di castagne».

Don Erio è quello che lei dette per morto da Barbara D'Urso, mentre invece era vivo e vegeto?

«Che gaffe! Ma era passato mezzo secolo: potevo sapere che lui ne avesse quasi cento? Comunque il difetto di parlare troppo l'ho sempre avuto. Anche con lei dirò cose di cui poi mi pentirò. Garantito».

Che tipo di ragazza era quando sbarcò a Reggio Emilia?

«Tonta, in ritardo su tutto, tenuta a briglie strette da una madre adorabile ma durissima. Specie in fatto di sesso. Gianni Ravera mi sentì cantare alla radio, mentre si faceva la barba. Questa sfonda!, esclamò».

E quando capì che aveva sfondato davvero?

«Quando arrivando alla stazione di Milano, un giorno del 1963, sentii un facchino che fischiettava Come ti vorrei. A momenti piangevo lì, lungo il binario. E nel 2019 la mia Zingara festeggerà cinquant'anni. Vabbè: l'ho cantata troppe volte, quasi non la reggo più Però la festeggerò, perché è la mia canzone-simbolo».

Quanti gli incontri importanti, in 58 anni di carriera?

«Innumerevoli. Luchino Visconti che sceglie la mia Testarda io per il suo film Gruppo di famiglia in un interno. Giuseppe Ungaretti, che recita in un mio videoclip (anche se allora non si chiamavano così) girato a Salsomaggiore. Mikis Theodorakis, che in ospedale per le torture subite in Grecia dal regime dei colonnelli, piange mentre ascolta l'incisione delle canzoni che aveva scritto per me. E io piango con lui».

Fra gli incontri non cita nessuna delle sue celebri colleghe. Perché?

«Perché c'incontravamo solo a Canzonissima o al Disco per l'estate. Mai frequentate altrove. Solo sulle pagine delle riviste, dove ci sbranavamo come belve nello stesso bestiario: l'Aquila di Ligonchio, la Tigre di Cremona, la Pantera di Goro Tutta roba inventata dai giornalisti. Ma dava il pepe alla nostra popolarità».

Oltre ai successi, quanti sono stati gli errori?

«Abbandonare il blues per il pop. Mi hai dato la più grande delusione della mia vita, sospirò Lucio Dalla. Ma la scemenza più scema furono le foto nude che nel 1979 feci per Playboy. Colpa del direttore Paolo Mosca: I fans si impazziranno!. Intendiamoci: erano scatti che oggi farebbero ridere; ma me ne pentii appena pensai a mio padre. Requisii dal giornalaio di Ligonchio tutte le copie disponibili. Non bastò: mentre erano a caccia un amico strizzò l'occhio a papà: Proprio brava tua figlia, eh?. E papà chiese a mamma: Perché brava?. Non lo sai? rispose lei - ha fatto delle bellissime foto per Famiglia Cristiana.

E l'errore che non si perdona nella vita privata?

«Sposare un uomo buono, che però non amavo. Lo conobbi ancora vergine. E patatrac. Abbiamo continuato a volerci bene. Quando divorziammo lui arrivò con un fascio di rose rosse. E poi andammo a cena insieme».

E la politica? Quella l'ascriviamo tra gli errori o i successi?

«Faccia lei. Io so solo che a me la politica m'ha rovinata. Contrariamente a quel che pensano tutti non sono mai stata spinta da Berlusconi. Al contrario; lui cercò di dissuadermi. Chi te la fa fare?. Ma se mi fisso non mi smuove un carro di buoi. L'errore vero fu andare a Sanremo da eurodeputata. Quelli della Rai permisero a Benigni di sfottermi in modo orribile. Poi lui mi telefonò per scusarsi.

Ma per perdonarlo ci ho messo un po'».

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