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Dalle tavolette sumere sino agli e-book: un viaggio sulle orme dell'"uomo dei libri"

Un saggio racconta tutti i segreti delle librerie attraverso i secoli

Dalle tavolette sumere sino agli e-book: un viaggio sulle orme dell'"uomo dei libri"

È il 1948 (o forse il 1949), il giovane Claude Duneton ha 13 anni e trecento franchi in tasca. Decide di spenderli nel modo più improbabile per un ragazzo povero: acquista il libro di Pierre Loti Pescatore d'Islanda, attratto dalla copertina cartonata verde con fili d'oro, in bella vista nella vetrina della libreria-cartoleria di Brive-la-Gaillarde. La madre lo striglierà per bene: «quelle cose non sono per noi, cos'hai nella testa, gusti da ricco?». Diventato scrittore, Duneton ricorderà l'episodio nel racconto Cheval de bois dans la tempête, in cui spiega come, per la madre, «ci fosse stato un errore di procedimento». Come curarsi da un veterinario o portare la mucca dal medico: le librerie non sono fatte per la povera gente! Anche ne Il rosso e il nero (1830) di Stendhal, il vecchio Sorel chiama il figlio che legge un libro arrampicato su un albero «canaglia di un lettore!». Insomma, non in tutte le epoche e per tutte le classi sociali libro e libraio hanno goduto della stessa considerazione. Il librarius romano, per esempio, era uno schiavo copista che metteva in vendita i manoscritti copiati nel suo negozio. A Pompei, per dire, nel 79 d.C., poco prima che la città sia inghiottita dalla lava, con una scritta color carminio, sul muro bianco di una libreria, un libraio annuncia le sue ultime novità

Nel mondo arabo, il libraio è traduttore, stampatore nel XV secolo, editore nel XVIII. Tra il XV e il XVIII secolo, deve assicurare con scrupolo l'autenticità del testo, perché la sua attività essenzialmente consiste nella vendita del Corano. Serve allora un erudito, il garante dell'autenticità del testo, anche dotato di bella scrittura. Da cui la professione di calligrafo, altra caratteristica del libraio del mondo arabo.

Ecco allora come raccontare la storia delle librerie sia quindi impresa non semplice, poiché essa procede a zigzag. Vi si è appena cimentato con successo Jean-Yves Mollier, professore emerito di storia contemporanea all'Università di Versailles-Saint-Quentin-en-Yvelines, con Storia dei librai e della libreria dall'antichità ai nostri giorni, pubblicato da e/o (pagg. 240, euro 17), con un saggio dedicato all'Italia a cura di Elisa Marrazzi. L'originalità dell'opera consiste nell'essere incentrata proprio sul rapporto tra librai e librerie. Dalla più remota antichità fino ai giorni nostri, Mollier passa in rassegna tutti i più disparati mestieri esercitati dai librai alle più diverse latitudini e nelle varie epoche. L'autore dimostra in tutta evidenza che il libraio non è un semplice rivenditore di libri: è l'uomo dei libri.

Dalle tavolette d'argilla mesopotamiche, allo schermo piatto di un e-book del XXI secolo, passando per le pubblicazioni cinesi a organetto, i rotoli romani di codex, i folhetos sudamericani, il libraio, di volta in volta, sempre al servizio del libro, sarà: bibliotecario, archivista, copista, calligrafo, commerciante itinerante o fisso, fabbricante di pergamene, miniaturista, rilegatore, venditore all'asta, correttore, tipografo, editore.

Solo nell'Ottocento le professioni cominciano a diversificarsi e la figura del libraio si distingue nettamente da quella dell'editore, del distributore e dello stampatore.

Resta però per sempre «l'uomo dei libri», una figura proteiforme a noi molto cara, sopravvissuta a tutte le catastrofi che avrebbero dovuto farla estinguere.

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