Cultura e Spettacoli

De Beaumont. Vita esotica e scorrettissima di Joséphine

Gli anni Venti: in America ruggiscono o coincidono con un titolo celebre di Fitzgerald, L'età del jazz, ma nella Francia che ha appena vinto la Prima guerra mondiale sono "gli anni folli"

De Beaumont. Vita esotica e scorrettissima di Joséphine

Gli anni Venti: in America ruggiscono o coincidono con un titolo celebre di Fitzgerald, L'età del jazz, ma nella Francia che ha appena vinto la Prima guerra mondiale sono «gli anni folli». Visto che chi vince può permettersi di essere più accogliente di chi perde, Parigi apre le braccia agli esuli della Russia sovietizzata, a sulfurei poeti italiani, a una legione di artisti, attori e musicisti su cui esiste una letteratura sconfinata.

Eppure, se si dovesse scegliere la figura più rappresentativa di quel mondo, si finirebbe per concordare sul nome di una geniale ballerina di colore che ebbe l'abilità di tirarsi dietro tutti i sentimenti: esotismo, erotismo, l'illusione di mandare al diavolo per un istante le regole dell'Europa dai vecchi parapetti senza spostarsi di un centimetro dagli Champs Elisées.

Joséphine Baker nasce nella Saint Louis di inizio secolo, città di sostrato francese nella quale i bordelli, per una specie di esperimento sociale, erano stati legalizzati. È il 1906 e tanto per rendere l'idea Chicago, scrive Gaia de Beaumont in Scandalosamente felice (Marsilio), «è ancora uno sconfinato parco di mucche ruminanti». È semplicemente inconcepibile che in tre mosse (fuga da casa con una troupe di passaggio, successo nei teatri di New York, trionfo a Parigi nella «Revue nègre») una ragazza cresciuta nella Louisiana razzista diventi l'artista più pagata.

Le vicende che De Baumont trasforma in un godibile romanzo ben documentato, mai agiografico e anzi, a tratti perfido, mettono sulla buona strada: Saint Louis era il centro di un sommovimento culturale che avrebbe cambiato il rapporto degli europei con il corpo; e Joséphine era bellissima. Resta il mistero di uno degli exploit più stupefacenti del Novecento, attuato in modi che oggi scatenerebbero una crisi isterica negli adoratori dello schwa: roteare gli occhi come una bambola, incrociare le lunghe gambe da ragno, spostarsi sulla scena come una perfetta marionetta surrealista vestita solo di una minigonna di decine di falliche, politicamente scorrette, fantastiche banane.

Nel caso avessimo dimenticato che le vie dell'emancipazione sono infinite.

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