Il demone di Goethe, l'esilio, la malavita in tre incantevoli opere di Thomas Mann

"Charlotte a Weimar", "L'eletto", il "Felix Krull": storia e ibridazione linguistica

Il demone di Goethe, l'esilio, la malavita in tre incantevoli opere di Thomas Mann

Dopo che nel 2007 uscì il primo volume con I Buddenbrock e Altezza Reale, ecco ora proposti finalmente in un secondo «Meridiano» altri romanzi di Thomas Mann, Charlotte a Weimar, L'eletto e Confessioni dell'impostore Felix Krull. Protagonista di questo lavoro ciclopico sull'opera manniana è Luca Crescenzi il quale, dopo aver curato per la stessa collana mondadoriana la riedizione de La montagna magica e la nuova traduzione, con curatela, del Doctor Faustus, arricchisce il volume secondo dei romanzi con note di commento e una bibliografia essenziale.

Concluso dopo tre anni di lavoro nell'ottobre 1939, Charlotte a Weimar prende spunto da un aneddoto, la visita dell'anziana Charlotte Kestner al vecchio Johann Wolfgang Goethe. Attingendo alle sue più note qualità, Mann riesce qui nella scrittura di un romanzo rimarchevole per la ricca galleria di personaggi, tra realmente esistiti e inventati, e per il modo in cui ricostruisce un momento cruciale della storia culturale tedesca ed europea, l'epoca cioè della Weimar intrisa di spirito e azione goethiani. Quello con Goethe e con la sua opera è stato un confronto che ha impegnato Mann per lungo tempo, prima con la lettura, poi con la scrittura. La decisione di farlo diventare materia dei suoi romanzi fu presa probabilmente dopo il centenario della morte del grande francofortese, nel 1932. Da quel momento è stato un accumularsi di letture, interventi per conferenze, appunti, fino alla redazione di Charlotte a Weimar e, da ultimo, del Doctor Faustus, scritto durante l'esilio statunitense tra il 1943 e il 1947, il romanzo che rilegge il patto faustiano con il diavolo alla luce dell'apocalisse che investe l'intera storia e cultura occidentali (non solo quelle tedesche vendutesi alla bestia nazista). Il tratto caratteristico di Charlotte a Weimar è ben rimarcato da Aldo Venturelli nell'Introduzione, quando parla di «parodia goethiana» voluta da Mann per dare forma a una critica ironica nei confronti del «Goethe ufficiale» creato dai nazisti, alla decostruzione del «mito goethiano» da quelli voluto. Una parodia che ha il suo culmine nel capitolo in cui viene descritto «privo di ogni emotività e irrigidito in un vuoto cerimoniale» l'incontro tra il poeta di Francoforte e la vedova Kestner. Un incontro che serve piuttosto a Mann per esercitarsi, da «maledettissimo mago» (questa e le seguenti sono espressioni coniate dal grande e compianto germanista Italo Alighiero Chiusano) quale era, con la sua «contenuta forza», il suo «diabolico virtuosimo», il suo talento nel rendere atmosfere e nello scolpire figure: «I suoi occhi con quegli angoli esterni singolarmente all'ingiù abbracciavano la compagnia, fulgidi e cordiali», scrive immaginando Goethe.

L'eletto, l'ultimo dei romanzi compiuti, uscì nel 1951, quando erano ancora nel vivo la polemica suscitata in patria dal Doctor Faustus e le critiche a diverse posizioni prese da Mann dall'avvento del nazismo in poi: la sua critica alla cosiddetta «emigrazione interna» dei vari Jünger, Benn, Wiechert, Carossa, Fallada e von Salomon, il suo «impegno» antinazista, il suo rifiuto di rientrare in Germania dopo il lungo esilio e infine le sue vere o presunte simpatie comuniste. Romanzo ambientato in un Medioevo inventato, fantastico e sovranazionale, costruito attraverso una profonda ibridazione linguistica (Mann venne accusato di aver rovinato la lingua tedesca), è inoltre, come sottolinea nell'Introduzione Elisabeth Galvan, «anche un romanzo sull'esilio e dell'esilio». Per questi motivi venne accolto in patria con molte critiche e merita oggi di essere letto.

Pubblicato nella sua versione definitiva, dopo una gestazione pluridecennale, nel 1954 e apparso nelle passate traduzioni italiane come Confessioni di un cavaliere d'industria o Confessioni del cavaliere d'industria Felix Krull, completa questo «Meridiano»

il romanzo Confessioni dell'impostore Felix Krull, laddove «impostore» traduce il tedesco Hochstapler, termine che, come ricorda bene Werner Frizen nell'Introduzione, «rispecchia un po' la storia della malavita tedesca».

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