Tutti in piedi entra la maestra... Quando salutare era un imperativo come credere, obbedire, combattere. Quando ai professori non si dava del «tu» e note e bocciature non erano materia per i giudici del Tar. Quando gli insegnanti erano definiti «apostoli» e «sacerdoti» e avevano la missione di educare la gioventù italiana a «comprendere e rinnovarsi nel Fascismo». Quando di libertà e diritti non si discuteva. Quando a scuola c'era lui insomma.
Anni fa. Tanti anni fa che rivivono nella mostra «A scuola col Duce. L'istruzione primaria durante il Ventennio fascista», ideata e realizzata già nel 2003 dall'Istituto di Storia Contemporanea «Pier Antonio Perretta» di Como. Da ieri, e fino alla fine del mese, è allestita a Segrate (Milano) nel Centro Giuseppe Verdi proprio nella piazza dove l'architetto Aldo Rossi realizzò il monumento al partigiano. Nessuna nostalgia. Anzi. A volerla è stata la sezione cittadina dell'Anpi e a ospitarla è una giunta di centrosinistra. «L'idea ci è venuta per celebrare il 25 aprile - spiega Gianluca Poldi, assessore alla cultura di Segrate - e per approfondire un periodo della storia che deve essere affrontato come tale, senza preconcetti. E mi ha fatto piacere che a proporci questa mostra sia stata proprio l'associazione dei partigiani. Poi alla base di tutto c'è lo straordinario lavoro storico dell'Istituto di Storia Contemporanea Pier Antonio Perretta che è un garanzia».
In esposizione oltre sessanta pannelli che riproducono per la maggior parte illustrazioni a colori, fotografie e testi ripresi dai manuali scolastici, dai quaderni degli scolari di allora e che, insieme a una serie di quadri riassuntivi, ripercorrono le tappe e i momenti più significativi della scuola di regime. L'Istituto comasco possiede una cospicua raccolta denominata Fondo scuola che comprende anche pagelle, certificati di studio, saggi pedagogici, periodici, libri di narrativa, fotografie. «La maggior parte della nostra raccolta - spiegano i responsabili - proviene dai mercatini dell'antiquariato e da donazioni di privati, ma una ricchissima documentazione la si può trovare negli archivi di molte scuole, soprattutto per quanto riguarda i registri scolastici e i giornali di classe stilati dall'insegnante. Chi ha ideato e fortemente voluto questa mostra è stato Ricciotti Lazzero, giornalista e storico di fama, presidente dell'Istituto Perretta, purtroppo scomparso nel dicembre del 2002, un mese prima dell'inaugurazione della mostra».
La scelta di proporre la mostra in occasione della ricorrenza del 25 Aprile, Festa della Liberazione, non è casuale. «Assolutamente no - spiega l'assessore Poldi -. La speranza è che diventi un momento di riflessione per tutti. Mi aspetto che a vistarla vengano i nonni con i loro nipoti, mi aspetto che vengano anche molti studenti, anche se devo ammettere che vedo un po' di pigrizia negli insegnanti. Ma soprattutto mi aspetto che venga visitata e apprezzata senza pregiudizi. Anche perché il materiale raccolto è importante. La grafica di allora a esempio era straordinaria e aveva una grande capacità di sintesi. Si prenda la locandina che apre la mostra, quella dello studente col pennino che ha nella sua ombra la proiezione dell'uomo soldato. C'è tutto il regime, in quell'immagine...».
Quella sotto il duce fu una scuola in cui il bambino era un adulto in miniatura, da istruire e mantenere sano nella mente e nel corpo, un potenziale militare. E centrale fu il ruolo dell'Opera Nazionale Balilla, ben presente nelle istituzioni scolastiche: presidi e insegnanti erano tenuti ad aprire le porte alle sue iniziative, a essa era affidato l'insegnamento dell'educazione fisica ai ragazzi. Conoscere «l'istruzione primaria durante il ventennio fascista», come recita il sottotitolo della mostra, significa capirne non solo la struttura e l'evoluzione, ma anche le motivazioni e le finalità: «Voi siete l'aurora della vita, voi siete la speranza della Patria, voi siete soprattutto l'esercito di domani...» diceva Mussolini ai ragazzi. «La mostra commenta la curatrice Elena D'Ambrosio - vuole contribuire a esaltare quella libertà dell'uomo che comincia difendendo i diritti del fanciullo in formazione. Poiché la libertà nasce nelle aule delle scuole elementari, dove per la prima volta al bambino viene consegnato un libro. Quel libro deve essere corretto e leale, senza dottrine, aperto all'ottimismo, chiaro, semplice».
Un messaggio che
passa dalla storia e arriva ai giorni nostri: «Sì un po' è così - conclude l'assessore Poldi -. Uno sguardo nel passato per capire che l'educazione dei bambini alla libertà è un valore da cui non si deve mai prescindere».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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