Venezia 2020

E ora a Venezia il problema è che non ci sono "neri"

La rivista americana Variety: niente afroamericani in giuria. Barbera: "Non uso il bilancino..."

E ora a Venezia il problema è che non ci sono "neri"

«È un articolo che mi ha fatto molto arrabbiare ma non scrivetelo». Alberto Barbera, il direttore più longevo della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, non ha ben digerito un intervento a gamba tesa di Variety, la cosiddetta Bibbia del cinema, a firma di Sophie Monks Kaufman sui festival, in primis Venezia, «che non stanno facendo abbastanza per dare spazio alla diversità nelle loro giurie». Della serie non gli sta mai bene niente: «È l'ossessione statunitense del politicamente corretto ha detto durante il tradizione pranzo al giro di boa del festival il direttore a fine mandato per cui ci dovrebbe essere la rappresentatività di tutte le categorie sociali. Non è pensabile però che si facciano le giurie con il bilancino. Comunque ci sono state difficoltà oggettive in questo anno in cui era difficile viaggiare. Neri e orientali li abbiamo invitati ma ci hanno detto di no». L'articolista però fa notare che è dal 2004, da quando c'era Spike Lee, che un afroamericano non prende parte alla giuria di Venezia ma siamo certi, e possiamo fare una scommessa, che già dalla prossima edizione si rimedierà.

Immancabile poi l'accenno anche al festival di Berlino che dalla prossima edizione darà un unico premio per la migliore interpretazione non distinguendo tra quella maschile e quella femminile: «Capisco le motivazioni e le intenzioni che sono buone, perché una grande interpretazione non ha genere, ma non so se sia una risposta adeguata a un problema molto più ampio e complesso. Un solo premio alla fine riduce le possibilità, per cui non vedo nulla di discriminatorio nel dare due premi, uno a uomo e uno a una donna».

Gender a parte, sia il direttore che il nuovo presidente della Biennale Roberto Cicutto hanno parlato di un'edizione speciale che sta diventando quasi un caso studio internazionale perché è in effetti il primo festival di prima fascia che si svolge in presenza dopo e durante la pandemia. Così, se rispetto allo scorso anno tutti i numeri indicano la metà delle presenze, sia degli accreditati che del pubblico, il fatto che tutto si stia svolgendo in sicurezza e senza intoppi appare già un grande successo.

Certo segnala tra l'ironico e il melanconico il presidente Cicutto «è impossibile fare paragoni con il passato anche se i film sono tutti in anteprima mondiale ma oggettivamente il tappeto rosso sembra una piazza dell'Italia di De Chirico, è molto metafisico, non è un brutto colpo d'occhio ma l'augurio è che non si ripeta così sguarnito».

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