Ecco i disegni "segreti" di Giulio Romano che vedremo in Italia

Le "opere di carta" del grande maestro verranno prestate da Parigi a Mantova per una mostra

Ecco i disegni "segreti" di Giulio Romano che vedremo in Italia

I cinquecento anni dalla morte di Leonardo, nella guerra dei prestiti tra i «cugini» dell'arte europea, hanno spostato il baricentro delle grandi mostre sul genio di Vinci dall'Italia, dove sono tante ma frammentate, alla Francia, che celebrerà l'italien con un unico enorme evento a Parigi. Questione di strategie e di grandeur. Ci rifaremo almeno in parte - maestro rinascimentale per maestro rinascimentale, e sempre mezzo millennio dopo - con Giulio Romano.

In autunno, Mantova, a Palazzo Ducale, festeggerà i 500 anni, in questo caso dall'esplosione della sua carriera, di Giulio Pippi de' Jannuzzi, detto Romano (1492 o 1499 - 1546) con una mostra del tutto nuova, e a suo modo extravagante (la sede è un grande museo pubblico, ma il costo di un milione e 400mila euro è interamente pagato dagli sponsor privati) che porterà in Italia opere mai uscite prima dalla Francia. Titolo: «Con nuova e stravagante Maniera. Giulio Romano a Mantova» (6 ottobre - 6 gennaio), un progetto unico nel suo genere che da una parte di fatto chiuderà a Palazzo Ducale la gestione di Peter Assmann, uno dei direttori stranieri in Italia, così tanto celebrati, così tanto contestati («Per me - dice - è stata un'esperienza magnifica, ma la riforma Franceschini che mi ha fatto arrivare a Mantova non è stata portata fino in fondo: sulla carta è ottima ma non ci dà abbastanza autonomia sul bilancio e ancora meno sulla scelta del personale: siamo nelle mani dei sindacati, come sempre in Italia»), e dall'altra è però proprio frutto dell'apertura dei nostri musei allo «straniero». Assmann, austriaco, critico e storico dell'arte, arrivato a Mantova nel 2015 con un entusiasmo trascinante e due regole ferree («Mai mettere la cravatta e mai mettersi in mezzo alla politica italiana») ha sfruttato sì la sua tesi universitaria sul Manierismo, ma soprattutto i suoi contatti internazionali, stringendo un accordo con il Louvre per avere in prestito temporaneo un gruppo di 72 disegni - ne abbiamo vista una selezione ieri nel blindatissimo Département des Arts Graphiques dell'istituzione parigina - molti dei quali inediti, cioè mai visti prima in Italia dopo la morte di Giulio Romano e raramente anche in Francia, poiché non fanno parte dell'esposizione permanente.

Delicatissimi e, in quanto opere di carta, particolarmente sensibili alla luce e ai cambiamenti di temperatura, saranno dunque in mostra a Palazzo Ducale per tre mesi e poi, come prevedono le leggi sulla conservazione, torneranno a riposare a lungo negli armadi del Louvre. Intanto, eccoli qua: 72 fogli scelti tra gli oltre 500 che costituiscono il fondo - il più ricco al mondo di Giulio Romano - che raccoglie i disegni di mano del maestro, quelli a lui attribuiti e le copie dei suoi allievi. Accanto a loro a Mantova ci saranno altri 40 «pezzi» provenienti dall'Albertina di Vienna, dal Nationalmuseum di Stoccolma, dal British di Londra e da altri musei europei.

La mostra andrà in scena in diversi ambienti di Palazzo Ducale, su quasi 2mila metri quadri (recuperando anche spazi di solito chiusi al pubblico), spesso affiancando il disegno preparatorio all'opera realizzata: affreschi, perché qui Giulio Romano lavorò molto... e poi dipinti, arazzi, decorazioni... E racconterà un nuovo Giulio Romano, il quale - come ha spiegato ieri a Parigi Assmann presentando i disegni in anteprima - non è solo pittore o architetto, ma anche un maestro di creatività (la quale nasce sempre da un segno sulla carta, ben prima che si parlasse di concept paper) e che è ben più di un manierista, perché cambia il modo di essere artista all'inizio del '500: «Come prefetto delle fabbriche dei Gonzaga, Giulio Romano mise a punto un repertorio di soluzioni progettuali e figurative in grado di operare un deciso rinnovamento artistico nella sua epoca, e questa nuova e stravagante maniera di cui parla Vasari ha avuto la fortuna di avere una grande eco: la lezione del maestro ha infatti viaggiato in Italia e in Europa attraverso i suoi allievi e i suoi disegni».

E se sono proprio i disegni, strumento principe su cui Giulio Mantovano consegna i propri concetti figurativi e spaziali, il cuore della mostra, allora sono state bravissime a scegliere i singoli «pezzi» le due co-curatrici della mostra insieme con Assmann: Laura Angelucci e Roberta Serra, ricercatrici al Département des Arts Graphiques del Louvre, dagli schizzi giovanili a matita rossa ai grandi disegni preparatori, in inchiostro bruno. «La particolarità della mostra di Mantova - spiega Roberta Serra, bolognese, già agli Uffizi di Firenze, da 18 anni al Louvre - è che, grazie alla varietà dei soggetti e delle tecniche, attraverso questo nucleo di disegni si può ripercorrere l'intera carriera del maestro. Qual è il suo tratto caratteristico? La forza del suo disegno, che soprattutto quando usa l'inchiostro bruno accentua il chiaro-scuro, e la carica di emozioni positive e negative che trasferisce ai volti e ai corpi».

È la maniera «anticamente moderna e modernamente antica» di Giulio Romano, allievo supremo di Raffaello, che fece attraversare le Alpi al Rinascimento italiano. Lasciandone là una grande parte. I disegni di Giulio l'Europeo, infatti, alla sua morte furono ereditati dal figlio, che aveva ambizioni di artista ma non il talento, il quale vendette tutto a un antiquario di Mantova, Jacopo Strada: fu lui, tra Vienna e la Baviera, a disperdere il tesoro.

Che nel 1671 appare nella sua parte più preziosa nel Gabinetto dei disegni dei re di Francia. Paese che non lasceranno mai più, fino a oggi.

Un ulteriore ottimo motivo per riscoprire quelle meraviglie di carta, figlie di una nuova stravagante Maniera, alla mostra di Mantova, a ottobre. Au revoir.

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