Cultura e Spettacoli

«Ecco la mia Tosca, così conosciuta eppure così nuova»

Oggi l'opera di Puccini apre la stagione «Scegliendo la prima versione evito la routine»

Piera Anna Franini

La stagione della Scala debutta - oggi - con Tosca di Giacomo Puccini per la regia di Davide Livermore e un cast di lusso: Anna Netrebko, Francesco Meli e Luca Salsi. Così ha voluto, e ottenuto, il direttore musicale della Scala Riccardo Chailly cui si deve il progetto-Puccini eseguito secondo le ricerche più aggiornate. Tutto partì con Turandot e finale di Luciano Berio, fu poi la volta de La fanciulla del West con l'orchestrazione originale, Madama Butterfly e Manon Lescaut nella prima versione. Ora tocca Tosca. Fra una prova e l'altra, Chailly è impegnato in un fitto calendario di incontri sull'opera. Il primo s'è tenuto all'evento di fundraising a favore delle Serate Musicali, la storica società di concerti milanese.

Tosca è opera celeberrima eppure è la prima volta che inaugura una stagione scaligera. Incredibile.

«... e soprattutto se si pensa che se c'è un teatro che deve a Giacomo Puccini e a Giuseppe Verdi più di qualsiasi altro teatro al mondo, quella è la Scala».

E anche questa volta, Lei va alle radici e porta in scena la prima versione, quella del gennaio 1900.

«L'orchestra della Scala conosce Puccini, quindi è bello poter ripartire da questo bagaglio di conoscenze ed esperienze, però, allo stesso tempo, è interessante avere la possibilità di rinnovare. Così si aggira il pericolo dell'abitudine, del si è fatto così fino a ieri. Scegliendo le prime versioni, il rischio è annientato in partenza».

Non si fa Tosca senza una Tosca. E la Scala l'ha trovata.

«Anna Netrebko è una delle più grandi cantanti al mondo, e fra le maggiori interpreti di quest'opera. Anche Francesco Meli (Cavaradossi) e Luca Salsi (Scarpia) hanno fatto prove eccellenti. Abbiamo identificato tre voci importanti, bilanciate fra di loro. Vorrei ricordare che per le recite di gennaio la protagonista sarà Saioa Hernandez, l'ho fatta debuttare l'anno scorso alla Scala in Attila. Anche lei sta cantando benissimo».

Qual è la sfida di un direttore quando affronta Puccini?

«Il lavoro di concertazione: intenso. La grandezza di Puccini sta proprio nell'orchestrazione, nella patina sinfonica, nel colore e nel timbro. Più ancora che in altri autori, in Puccini la melodia nasce dalla caratteristica timbrica dell'orchestra».

Dopo Attila del 7 dicembre 2018, torna a collaborare con il regista Davide Livermore...

«Lavoriamo bene da anni. Conosce il teatro, ma ama sorprendere anche se i luoghi e l'epoca di Tosca ci impongono un senso di restrizione di libertà di pensiero. I luoghi romani non possono mancare, dalla basilica di Sant'Andrea della Valle, a Palazzo Farnese e Castel Sant'Angelo. Quindi sì, ci saranno questi luoghi romani, ma da un punto di vista regista e scenografico verranno affrontati in modo sorprendente. Non si pensi, insomma, alla solita Tosca vista da decenni».

Tra l'altro Lei ha vissuto a Roma.

«Per dieci anni, da ragazzino. E ogni domenica andavo in Piazza San Pietro per ascoltare la predica del Papa. Ero affascinato dalla predica naturalmente, ma ciò che mi impressionava particolarmente era er campanone, quello che sentiamo in Tosca. Un mi grave, un suono che solo chi è stato in quella piazza può comprendere. Io sono cresciuto con questo mito della campana».

Sette anni fa si pianificò il ciclo-Puccini alla Scala. A che punto siamo?

«Io ho un percorso con la Scala che sta andando avanti. Quanto? Lo vedremo (il contratto va fino al 2022, ndr). C'è un cambio al timone, è in arrivo il nuovo sovrintendete Dominique Meyer con cui ho iniziato a collaborare e sembra che stia andando molto bene. Per completare l'integrale mancano Bohème, che è più o meno calendarizzata, poi La Rondine, Le Villi e Edgar. Vedremo.

Puccini e i pregiudizi. C'è ancora chi lo osserva con sufficienza.

«Sempre meno, per fortuna. Un discorso che ha riguardato anche compositori come Rachmaninov e Cajkovskij. È un atteggiamento in genere dettato dalla poca conoscenza.

Puccini è uno dei più grandi compositori, ha segnato il Novecento».

Commenti