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Ecco tutti i segreti del "Mein Kampf"

Il nuovo saggio, "Il libro proibito di Hitler, Storia del Main Kampf", del giornalista tedesco Felix Kellerhoff, ricostruisce con maestria la genesi del Mein Kampf e la sua ricezione da parte dei lettori

Ecco tutti i segreti del "Mein Kampf"

Ci sono pochi dubbi che il Mein Kampf sia il germe d'origine del male Nazionalsocialista. Il fatto che questo libro sia stato «la Bibbia» di uno dei più feroci regimi del XX secolo ne ha decretato la damnatio memoriae. Un veto, per anni la Baviera lo ha reso impubblicabile, che se da un lato è comprensibile dall'altro ha reso molto difficile anche una riflessione sulle origini del delirio hitleriano. Ancora oggi che il veto alla pubblicazione è caduto, la Baviera ha curato una edizione ufficiale ricchissima di note, resta comunque fortissimo il tabù sul volume. Basti pensare alle polemiche che ha prodotto la pubblicazione della versione italiana del libro fatta dalla nostra testata.

Ecco perché si rivela uno strumento importante un volume appena tradotto in italiano: Il libro proibito di Hitler. Storia del Mein Kampf (Rizzoli, pagg. 356, euro 22). L'autore Sven Felix Kellerhoff è un giornalista e storico tedesco che, da anni, scrive monografie dedicate al nazismo. In quest'ultima ha ricostruito con grande precisione sia la genesi dell'opera di Hitler sia il suo percorso editoriale e la ricezione da parte dei lettori. Dal volume emergono così notazioni importanti che consentono di comprenderlo più a fondo. In primo luogo Kellerhoff si è impegnato a scandagliare con precisione il lavoro redazionale sul testo, giungendo alla conclusione che il libro è stato scritto integralmente da Adolf Hitler. Il primo volume è stato in gran parte battuto direttamente a macchina dal dittatore tedesco. Rudolf Hess non fu coinvolto in null'altro che non fosse la correzione delle bozze. Correzione che Hess in buona parte scaricò sulla futura moglie Ilse Pröhl. A confermare questa tesi 5 pagine originali e ben 18 scalette ritrovate nel 2006 che sono indubbiamente provenienti dalla macchina da scrivere personale del futuro dittatore, una Meteor da viaggio.

Kellerhoff svolge un compito prezioso anche nelle pagine in cui ricostruisce le fonti di Hitler. Il futuro dittatore infatti rarissimamente fornisce citazioni dirette dei suoi autori di riferimento, e quindi vanno rintracciati. Tra questi spunta anche l'Ebreo internazionale di Henry Ford, anche se non è chiaro quanto l'influenza sia diretta. Chiarissime invece le influenze dell'esperto di eugenetica svedese Herman Lundborg e del teorico razzista tedesco Hans F.K. Günther. Il razzismo di Hitler ha lì le sue radici. La teoria dello «spazio vitale» fu copiata dalle idee di uno dei professori di Rudolf Hess: Karl Haushofer. Molte novità anche sull'antisemitismo hitleriano. Hitler nel testo si accredita continuamente come antisemita sin dalla sua giovanile permanenza a Vienna. Ma di questo non è stato possibile rintracciare nessuna conferma. Anzi i suoi rapporti con famiglie ebree, come gli Jahonda, all'epoca erano più che buoni. Anche nei primi mesi a Monaco non compare nessuna traccia di riflessioni o atteggiamenti antisemiti. Insomma secondo Kellerhoff la conversione ideologica di Hitler è avvenuta essenzialmente dopo la guerra, anche se nel Mein Kampf viene travestita da percorso di una vita.

Il testo di Kellerhoff, il cui ultimo capitolo arriva sino alla attuale circolazione del testo e alla

nuova edizione bavarese, fornisce un quadro completo e chiaro su un libro che è pericoloso solo se lo si mitizza. E ormai a mitizzarlo rimane solo qualche nostalgico e, paradossalmente, chi vuole costruirci attorno un tabù.

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