Cultura e Spettacoli

"Da Endrigo a Bresh ora vi presento un disco contaminato nel tempo e nei suoni"

L'artista pubblica l'album "Materia (Pelle)" mentre inizia (bene) il tour dei palasport

"Da Endrigo a Bresh ora vi presento un disco contaminato nel tempo e nei suoni"

Di certo lui non si ferma. Dopo aver tenuto uno dei migliori concerti estivi negli stadi, Marco Mengoni pubblica un altro disco proprio mentre debutta al Forum di Milano con un altro tour, quello nei palasport, rigorosamente quasi tutti esauriti. Il disco, che si intitola Materia (Pelle) ed è il secondo di una trilogia iniziata l'anno scorso, è un passo avanti, e mica piccolino. Invece il concerto è la conferma che questo artista così riservato e così controtendenza, ha trovato la dimensione giusta. Dentro di lui, ribolle senz'altro il magma dell'insicurezza e della curiosità. Ma, seguendolo durante il concerto, l'impressione che Marco Mengoni regala alla platea è quella di chi sa guidare un concerto mescolando la propria intensità con quella che gli rimanda il pubblico. «Tra le mie parole chiave c'è senza dubbio contaminazione», dice poco prima di confermarlo entrando in scena dalla platea e trasformando il Forum in un piccolo stadio costruito con i mattoni del soul, del gospel, del cantautorato e dell'entusiasmo del pubblico, tanto entusiasmo. La scenografia è quella riveduta e corretta di San Siro e Stadio Olimpico a luglio. E la scaletta ha già quattro brani del nuovo disco «tanto il pubblico delle prime file di sicuro li conosce già a memoria». E in effetti è così: quando Mengoni sale sul palco si celebra un rito nel quale tutti sono ammessi ma che solo i veri fan sanno decifrare istante dopo istante. E non capita tanto spesso in quel caravanserraglio usa e getta che è ormai il pop.

Scusi Mengoni, definisca il disco in poche parole.

«C'è sempre maggiore attenzione».

Ossia?

«Faccio un esempio. Quando ho consegnato al produttore Cristiano Crisci il provino del pezzo Unatoka Wapi, che secondo me è uno dei cardini del disco, lui mi ha fatto questa obiezione: Unatoka Wapi in lingua swahili significa da dove vieni. Ma la ritmica del brano appartiene alla musica zulu. Questo è il mio modo di intendere la musica: ricerca e competenza, oltre che ispirazione».

Nel disco ci sono tre ospiti.

«Il primo, che è anche l'ultimo in scaletta, è Samuele Bersani. Gli ho mandato la base del pezzo Ancora una volta per avere un consiglio, lui mi ha risposto entusiasta che gli sarebbe piaciuto farne parte e così è nato tutto, nella massima naturalezza».

E la rivelazione Bresh in «Chiedimi come sto»?

«Intanto diciamo che come stai ha perso il suo significato ed è diventato essenzialmente un intercalare. A me piacerebbe che qualcuno mi chiedesse davvero come sto. E credo che piacerebbe a tutti».

Bresh?

«Ci siamo conosciuti all'Arena di Verona ed è nata un'alchimia strana. Per fare quel brano, ci siamo ritrovati per dieci giorni di seguito in studio, a dimostrazione che c'era un'atmosfera particolare, più o meno come era accaduto nel disco precedente con Madame, altro talento puro. In Chiedimi come sto io ho un po' rappato, lui ha un po' cantato, una bella mescolanza».

Come sta Marco Mengoni?

«Contento, stanco, con le difese immunitarie bassissime per tutta la fatica fatta con tutto l'entusiasmo che ho e nonostante un intervento al ginocchio che è stato un bel guaio».

La Rappresentante di Lista in «Attraverso te»?

«Beh loro due sono una delle realtà più belle in circolazione».

Nella scaletta del cd c'è anche un inedito di Sergio Endrigo,«Caro amore lontanissimo».

«Me lo ha affidato sua figlia Claudia e, per me, in questo disco rappresenta il ritorno a casa, dopo aver fatto il giro del mondo. Fa parte della colonna sonora de Il Colibrì, il film di Francesca Archibugi in uscita tra pochi giorni».

Mengoni, cosa pensa dei social?

«Che sono come lo specchietto retrovisore di una macchina. Sono importanti ma rappresentano solo una frazione della realtà».

Da Muhammad Alì a Frida Kahlo, ogni suo disco ha una sorta di nume tutelare. Stavolta è Pablo Neruda nella canzone «Neruda».

«Sì mi piace mettere in musica i miei punti di riferimento».

Se li porterà idealmente anche nei concerti negli stadi di Padova, Salerno, Bari, Bologna e Torino della prossima estate?

«Magari non tutti in scaletta ma sono sempre con me».

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