Cultura e Spettacoli

Gli eredi di Steve Jobs? Sono geni da fiction ma non sanno vivere

La serie tutta da ridere Silicon Valley racconta la vita dei secchioni supertecnologici: vulnerabili e asociali

Los Angeles - Alla ricerca dell'algoritmo perfetto per comprimere files, dell'app innovativo, del codice rivoluzionario e il miraggio finale dell'«offerta pubblica». Peccato che a Silicon Valley e Palo Alto i giovani capoccioni, tecnici e programmatori, siano un branco di imbranati spaventosi, tutti chi più chi meno dentro lo spettro dell'autismo, diciamo con forme leggere di Asperger (un disturbo dello sviluppo). Come Steve Jobs, come Mark Zuckerberg, come tanti altri che hanno macinato miliardi con start-up tecnologiche.

La nuova sitom della HBO Silicon Valley (appena iniziata in Usa), creata da Mike Judge (Office Space, Beavis & Butthead - questa è la sua prima serie live-action), offre un irresistibile spaccato della geografia fisica e mentale a sud di San Francisco e senza martellare troppo sfodera una satira su un gruppo sociale ben definito e l'anamnesi di un business e dei suoi accoliti.

Protagonista è Thomas Middleditich nel ruolo del genio super nerd che lancia Pied Piper, un programma che consente ai musicisti di scoprire violazioni di copyright, il cui algortimo di compressione attrae l'attenzione del grande capo di una compagnia simil Google, e di un venture capitalist, un personaggio ancor più assurdo del precedente (ma dall'enorme conto in banca - altri due stralunati cui è permesso tutto proprio perché pieni di soldi - altro leit motif della serie). Intorno al personaggio di Middleditich, Richard, ruotano altri giovani fuori di testa, ognuno col suo sogno di start-up: vivono insieme nella casa di Erlich (T.J. Miller), un ex hacker che in nome dell'invenzione geniale mastica funghi psicotropici, e che in cambio dell'ospitalità pretende il 10 per cento in stock options delle loro future compagnie. Tutti sognano di diventare il nuovo Jobs, Page, Bezos, Zuckerman, e «fare del mondo un posto migliore» con le loro app (una frase tormentone su cui la serie gioca con ironico gusto).

È la rivincita tragicomica dei freak e geak che si stanno imponendo sul piccolo e grande e schermo dai tempi dell'eponima serie del 1999 (creata da Judd Apatov, che poi con le sue commedie al cinema avrebbe rimesso i secchioni al centro del mondo - dagli Hangover ai Wedding Crushers). L'economia «techie» (cioè dei super esperti tecnologici) ha arricchito i nerd: sono loro i vincitori in questa congiuntura storica.

«Mi sono ispirato alla mia esperienza come ingegnere elettronico a Silicon Valley alla fine degli anni '80», spiega Mike Judge. «Ne ho viste delle belle. Mi piace descrivere queste brillanti menti assolutamente imbranate a livello sociale, anche perché ho sempre detestato il filone liceale/collegiale in cui tutto ruota sempre intorno ai ragazzi fichi che rimorchiano le bone di turno. I miei personaggi non rimorchiano, ma voglio che vengano ritratti come si meritano».

Il film Jobs, secondo Judge, non riesce assolutamente ad andare oltre le schermaglie corporative e proprietarie, lasciando nerd e geeks con l'amaro in bocca. «Un'occasione perduta. Il film della HBO di una quindicina di anni fa The Pirates of Silicon Valley», dice Judge, con Noah Wiley nel ruolo del giovane Jobs era molto meglio. Mi piace anche la sitcom The Big Bang Theory, che sta lanciando la moda del nerd-chic. Ma Silicon Valley è il massimo dell'incontro ravvicinato con idiot savant (idioti sapienti) capaci di programmare».

La TBS ha perfino lanciato un reality intitolato King of the Nerds, con giovani techie che competono per Nerdlandia.

Continua Judge: «Silicon Valley è una serie per cui più ricerca fai più ti rendi conto di quanta commedia ci sia in quell'ambiente. Ogni volta che incontriamo qualcuno tra Paolo Alto e Sunnyvale ci viene in mente una storia diversa, una più strepitosa dell'altra in quanto a surrealismo comico. La realtà è più assurda e sorprendente della finzione».

I protagonisti sono tutti maschi, non ci sono donne, chissa perché... «Perché - risponde ancora Judge - sono bravo a raccontare i maschi, anzi i guys, i giovani adulti. E gli inventori a Silicon Valley, per qualche ragione, sono quasi tutti maschi. Le donne hanno ruoli amministrativi e finanziari importanti, ma non di programmazione».

«Sono imprenditori in erba con grandi idee e zero senso degli affari», conclude Judge. «Quindi vulnerabili alla manipolazione e sfruttamento di vecchie volpi. Ma anche quelli che hanno fatto soldi sono in fin dei conti dei disadattati che usano le loro compagnie come parchi gioco. La serie suggerisce che molti di loro hanno intrapreso il business tecnologico per la stessa ragione per cui le rock-band fiorivano un tempo: perché pur essendo maschi dall'aspetto mediocre si riesce a rimorchiare le ragazze. I nerd hanno pure loro desiderio di portarsi qualcuna a letto.

Solo che se suoni la chitarra ce la fai subito, se sei un techie devi aspettare un'offerta pubblica!».

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