di Antonio Dikele Distefano
Io sono cresciuto con la televisione. Ricordo che da ragazzino, quando uscivo da scuola, correvo subito a casa perché non volevo perdermi la puntata del mio cartone o programma preferito. Dopo gli allenamenti di calcio negli spogliatoi c'era chi decideva di fare la doccia a casa per non perdersi Ken Shiro che veniva trasmesso solo alle 19 su La7. Ora è tutto diverso. C'è internet. E internet è più democratico. Ti permette di fare ciò che vuoi, quando vuoi e di essere visibile come e quanto ti pare.
Quando sono stato ospitato in televisione mi sono reso conto che non permette a tutti di esprimere allo stesso modo la propria opinione e il proprio punto di vista. In televisione ci sono dei tempi e dei canoni da rispettare. La televisione la subisci, internet lo costruisci. Se dovessi spiegare perché ho scelto i social come mezzo di comunicazione direi: «Perché non avevo nessuno con cui parlare e ho scritto uno stato». Credo che altri come me si siano sentiti così.
Un errore che viene commesso spesso è quello di associare i social ad un pubblico di nativi digitali. Se Martin Lutero avesse avuto Facebook, secondo me si sarebbe risparmiato di andare in giro ad attaccare fogli sui muri.