"Ero un estremista Il cinema m'ha salvato"

Il regista parla della sua carriera: "Mi sento molto più amato all'estero". "Sono di sinistra ma i critici di sinistra stroncano sempre i miei film"

"Ero un estremista Il cinema m'ha salvato"

Il «terrorista» del cinema italiano sarebbe potuto diventarlo anche nella vita reale. «Ma il cinema mi ha salvato», rivela Dario Argento chiuso nella sua casa nel romano quartiere Trieste. E se la palazzina richiama molto il suo cinema, le imposte sbarrate e il buio in pieno giorno non servono a dare smalto al mitico personaggio del «maestro del brivido», sono dovuti unicamente al gran caldo. 73 anni il prossimo 7 settembre anche per Dario Argento, come nell'intervista la settimana scorsa al quasi coetaneo Marco Bellocchio, è giunto il tempo di guardare indietro. Anche se l'autore di Profondo rosso non ama tanto i bilanci perché è proiettato sempre e comunque nel futuro. Nei nuovi progetti che stanno per partire, tra cinema, teatro e tv, ma anche nell'autobiografia che ha iniziato a scrivere per Einaudi.

Lei è sempre stato di sinistra però non ha mai amato l'apparato già da quando era il critico cinematografico di Paese Sera.
«Quando recensivo positivamente il fascistone John Ford o Alfred Hitchcock ritenuto un mestierante vedevo storcere il naso a parecchi. Ma io adoravo un certo cinema americano e questo non andava giù alla sinistra. Mentre ero molto più sospettoso verso il cinema italiano troppo schierato politicamente. Io amavo i grandi veri, come Antonioni e Fellini. Spiriti liberi e indipendenti».

La parola libertà torna spesso nelle sue frasi.
«Non mi è mai piaciuto essere imbrigliato, sono sempre stato un cane sciolto. Ero di sinistra ma libertario e infatti molte delle mie amicizie erano con extra parlamentari. Se fossi rimasto nei movimenti forse a quest'ora sarei in prigione o morto. Sono stato salvato dal cinema e riconosco che, se alcune istanze del '68 erano interessanti e giuste, completamente sbagliata era la lotta armata contro lo Stato».

E oggi?
«Non mi sento a mio agio, sono un po' a metà strada, sono rimasto di sinistra ma non riesco a entrare in queste logiche di lotte interne. Mi convince un po' di più Renzi, il suo modo di affrontare la politica».

Il paradosso è che proprio la critica più schierata politicamente a sinistra non ha mai capito i suoi film.
«Questa è una cosa che ancora mi dispiace perché sento di essere più amato all'estero. Certo oggi le cose sono cambiate anche da noi ma è un fatto che i riconoscimenti più convinti giungano dalla Francia, Stati Uniti, Corea o Giappone dove c'è il ristorante Suspiria. A dicembre poi vado a Londra perché il British Institute mi dedica una retrospettiva».

Il segreto del suo successo?
«Il saper dialogare con la mia parte buia, con l'inferno che tutti abbiamo dentro di noi».

E che cosa risponde a chi ritiene che esistano due periodi dI Argento, quello - valido - prima di Trauma (1993) e quello successivo da dimenticare?
«Anche per il periodo “buono” sono state dette un sacco di sciocchezze. C'è però stato un momento della mia carriera in cui cercavo un superamento del giallo tradizionale che avevo inventato e che mi aveva già stufato. Credo che sia molto importante avere un'evoluzione. Anzi le dirò che in questo senso sono molto legato a Non ho sonno».

Tutti film, è il periodo anche di La sindrome di Stendhal, Il fantasma dell'opera, Il cartaio, La terza madre, prodotti con Silvio Berlusconi. Una strana coppia la vostra?
«Guardi ne ho conosciuti di produttori per la maggior parte sgarbati mentre lui è stato l'unico che, al nostro primo incontro nel suo studio a Milano, mi disse: “Noi siamo qui per imparare da lei, proponga ciò che vuole e noi la seguiremo”. E poi aveva uno strano sogno».

Quale?
«Alla prima di Tenebre il cinema Astra di Milano era pieno e non avevano tenuto i posti né per noi né per Veronica Lario interprete del film. Io stavo con Daria Nicolodi e ci sedemmo tutti e quattro per terra. Fu quando mi disse: “Se fossi proprietario di un cinema, mi piacerebbe, per un film importante, tenerlo su ininterrottamente per un anno, un anno e mezzo”».

Oggi però è nei guai anche per colpa dei film...
«Se ha commesso dei reati è giusto che paghi ma senza accanimento partigiano».

Posizioni un po' più moderate dovute all'avvicinamento al cattolicesimo?
«Le mie figlie (Asia e Fiore, ndr) scherzano dicendo che da quando ho perso mio padre ne cerco un altro. Ma la cosa è molto più profonda, un cammino lento e faticoso».

Il prossimo film?
«Dovevo farlo con gli spagnoli ma non ci sono soldi.

Intanto porterò Macbeth di Verdi a ottobre in 4 teatri tra cui quello bellissimo di Novara e ho ricevuto due proposte tv dagli Stati Uniti per una serie lunga e una breve. Però c'è una rottura di scatole».

Ossia?
«Devo prima girare un pilot, un episodio di prova. Alla mia età ancora sotto esame...».

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