Eros, romanzi pop e film cult. La vita magica di Bevilacqua

Considerato più un bestsellerista che un vero autore, lo scrittore-regista Alberto Bevilacqua è però ancora molto letto e amato

Eros, romanzi pop e film cult. La vita magica di Bevilacqua

Esempio paradigmatico e impietoso dell'impossibilità di conciliare critica e mercato, Alberto Bevilacqua (Parma, 1934 - Roma, 2013) ancora oggi è sinonimo più di autore di successo che di grande scrittore. Vinse - caso rarissimo - tutti e tre i maggiori premi italiani: il Campiello nel 1966 con Questa specie d'amore, lo Strega nel 1968 per L'occhio del gatto e il Bancarella nel 1972 per Un viaggio misterioso. Eppure non è mai entrato nel canone letterario del nostro Novecento. Ha persino ricevuto, in vita, il «Meridiano» dedicato ai Romanzi (nel 2010, curato da Alberto Bertoni con una dettagliatissima biografia di Antonio Franchini). Ma più che un monumento alla sua narrativa sembra un riconoscimento della Mondadori alle sue vendite (ancora oggi è felicemente ristampato negli Oscar). Per dire: quando Livio Garzanti nel '74 decise di pubblicare (parole sue) «un libro brutto di successo» di Bevilacqua, Pasolini che già lo detestava perché lo aveva battuto allo Strega nel '68 se ne andò a Einaudi, dicendo che un vero editore non poteva sporcarsi il nome così... Eppure Bevilacqua resta oggi uno scrittore amatissimo (ai tempi anche come regista) nonostante la Critica con la «A» maiuscola, nel senso di Accademica, non gli abbia mai perdonato di essere popolare (cioè che scriveva per tutti), semplice (cioè non sperimentale) e disimpegnato (cioè non ideologico). Comunque, a parziale risarcimento, ecco oggi la biografia Alberto Bevilacqua (edizioni Il Rio) scritta da Alessandro Moscè, un amico e discepolo che lo frequentò negli ultimi anni, intervistandolo a lungo. Libro che, al netto di alcuni eccessi lirici e qualche scivolata agiografica, svela alcuni aspetti inediti o poco noti dello scrittore-regista. Ad esempio.

STRUMENTI DI LAVORO Bevilacqua usava solo la macchina per scrivere Olivetti Lettera44 (ma a un certo punto non trovava più i nastri e doveva farla inchiostrare di continuo), e se trovava anche un solo errore sul foglio ribatteva l'intera pagina. «Le penne blu e rosse disposte come soldatini». E i sigari Davidoff slim che fumava di continuo. Non ha mai usato il computer perché, diceva, «le statue del gruppo I Prigioni di Michelangelo non avrebbero avuto la stessa forma se fossero state realizzate con lo scalpello elettrico». E forse aveva ragione.

CENSURA SÌ O NO? Bevilacqua a vent'anni scrive il suo primo romanzo, dal titolo La polvere sull'erba, che Leonardo Sciasca legge in bozza, rimanendo «scosso e turbato», e fa avere al suo fraterno amico (ma non parente nonostante il cognome) Salvatore Sciascia delle edizioni omonime di Caltanissetta. E qui si apre un giallo. Il romanzo, che tocca eventi rimossi e scottanti (le vendette incrociate nell'immediato dopoguerra fra partigiani e fascisti nel Triangolo rosso emiliano), così com'è scritto, non esce. Qualcuno parla di rifiuti, censura, ripensamenti da parte dell'autore (siamo cinquant'anni prima del Sangue dei vinti di Giampaolo Pansa). Comunque il manoscritto rimane nel cassetto (del padre di Bevilacqua) fino al 2000, quando lo scrittore lo ribatte a macchina e lo fa uscire da Einaudi, ristampato nel 2008 (lancio editoriale: «Ecco finalmente il romanzo censurato di Bevilacqua»). È nota però, rarissima, un'edizione effettivamente stampata con lo stesso titolo da Salvatore Sciascia nel '55. In questi giorni ne è spuntata una copia sul mercato online. Ma chi ha letto entrambe le versioni sostiene che siano due libri differenti. Il primo, costituito da quattro racconti, quasi «prove d'autore», sembra non avere attinenze coi temi scottanti delle rappresaglie tra partigiani e repubblichini che sarebbero alla base della censura. E il secondo non sembra scritto cinquant'anni prima, forse neanche riattualizzato. Il mistero si infittisce...

MISTERI Oltre all'astronomia (il telescopio era uno dei suoi oggetti preferiti), del bagaglio culturale dello scrittore facevano parte la medianità, la telepatia (in cui credeva) e l'esoterismo. «I circoli alchemici, del resto, influenzarono Dante e Petrarca proprio nell'Emilia. Nel Parmigianino si possono leggere simboli che Bevilacqua ritrovò nei frequenti viaggi in Tibet». «E lo stesso fiume Po ha conservato nei secoli un'atmosfera orientale, un senso magico che non sempre può essere razionalizzato».

CASA D'INFANZIA «L'eros è un tema che mi è stato dentro fin dall'inizio. Quando si vive alla brava lo si scopre negli ambienti più infimi. Quando mio padre venne epurato (era un aviatore della squadriglia di Italo Balbo, ndr) ci sbatterono a vivere tra due case di tolleranza. Io ero un bambino, non mi rendevo conto di che cosa si trattasse, ma queste puttane benevolenti a volte mi invitavano a mangiare da loro. Ma oltre a mangiare coglievo che lì intorno accadevano certe cose». Di cui si ricorderà nei suoi romanzi.

EROS&PRIAPO Inguaribile dongiovanni, e secondo alcuni a volte anche dongiovanna, Bevilacqua mise la «classificazione dell'animo femminile» al centro dei suoi romanzi (alcuni titoli: La Califfa, Il curioso delle donne, La donna delle meraviglie, La Grande Giò, Il gioco delle passioni, I sensi incantati..) «che lo ha fatto amare sia dagli uomini in cerca di stabilità sentimentale o di conquiste, sia dalle donne, le quali rimanevano stupite dall'esattezza con cui le coglieva nelle sfumature, nei lati insoliti, più segreti».

MUSE Cinematograficamente, per lui, la musa fu Romy Schneider (che scelse per interpretare La Califfa accanto a Ugo Tognazzi nel film che diresse nel 1970 tratto dal suo stesso bestseller) «considerata una specie di divinità che provocava soggezione nelle masse». Bevilacqua tenne un diario sui giorni in cui girava La Califfa, quando lei era affranta dalla fine del rapporto con Alain Delon: «Si perdeva nei greti del Po, contro i muri delle case abbattute». «Un'attrice senza fanatismo, non del tutto consapevole della sua intensità». «Aveva sempre scelto amanti sbagliati, che si erano approfittati di lei, che l'avevano utilizzata. Maliziosa, dura, interscambiabile».

AMICIZIE PAZZE Bevilacqua conobbe bene il pittore Antonio Ligabue (1899-1965). Ecco una sua confessione: «Conservo la foto di un sesso femminile. È stato intagliato da Ligabùn, sul tronco di un robusto pioppo a Baccanello Po. Credo che sia ancora là, perché nessuno sa che si tratta di una sua invenzione. È una di quelle sculture, lui le chiamava così, che lo impegnavano con fervore. Ligabue era tutto istinto, un uomo primitivo e viscerale, che captava le sensazioni come un ronzio di mosche».

PADRI NOBILI Lo scrittore fu anche legato a Jorge Luis Borges: «Alcune delle mie storie sono finite in mano a Bioy Casares, suo amico e collaboratore, e sempre Bioy gli fece leggere alcuni miei testi poetici. Una volta Borges venne a Milano per un incontro con Ionesco e i due discussero a lungo sulla mia poesia. Borges era affascinante perché sensitivo. Non vedeva ma aveva cento occhi e sentiva tutto».

MITI MALEDETTI Uno, per lui, fu Louis-Ferdinand Céline. Fu un capo della Resistenza italiana a Parigi, di Parma e amico dello zio, qualche anno dopo la fine della guerra, a portare un giovanissimo Bevilacqua a vedere, dietro il cancello della sua casa, l'autore del Viaggio al termine della notte. «Era osteggiato da molti colleghi, tra cui Sartre. Scorsi da lontano quest'uomo che mi impressionò. Trasmetteva qualcosa di indecifrabile, come fosse piovuto da un altro pianeta. Ecco, Céline non era terreno fino in fondo. Fu in quel momento che mi balenò l'idea di scrivere una biografia su di lui». Non lo fece. Ma nel 2011 intitolò Viaggio al principio del giorno la propria autobiografia (in cui si racconta anche di Céline).

CULT-ISSIMO Nel 1962 il regista Mario Bava, maestro assoluto dell'horror italiano, chiese a Bevilacqua di aiutarlo a scrivere un film a episodi tratto da tre maestri del racconto del terrore dell'800: Maupassant, Tolstoj e Cechov. Nacque I tre volti della paura (1963), capolavoro del cinema di genere italiano amatissimo da Quentin Tarantino e Roman Polanski. Commento di Bevilacqua: «Gli americani mi definiscono un autore di culto, un cult, perché ho scritto i film di Mario Bava». Nota a margine: distribuito in tutto il mondo con il titolo di Black Sabbath, il film ispirò il nome della band heavy metal inglese.

COSE (NON) NOSTRE Rivelazione su un episodio americano degli anni Sessanta: «Joe Colombo, il grande imprenditore e designer, ma anche pittore di qualità, mi invitò a cena e mi propose in pratica di scrivere Il padrino, ma non accettai. Un padano come me non poteva saperne granché di una stortura tutta italiana, ma non emiliana. Colombo disse che la mafia erano anche le donne, e rise a lungo».

UNA MITE VECCHIAIA A proposito di donne. Bevilacqua ne ebbe molte. Ma quella a cui fu più legato - e qui usciamo dalla biografia di Alessandro Moscè, che glissa su questa parte - fu Michela Miti (nome d'arte di Michela Macaluso), diventata celebre per le sue partecipazioni in due film cult della commedia sexy all'italiana del filone di Pierino (ma soprattutto nel per noi monumentale Biancaneve&Co.

, 1982) e che poi recitò in alcune pièce teatrali e nel film Gialloparma (1999) scritti da lui. Michela Miti e la sorella dello scrittore, Anna, furono per mesi protagoniste di un'aspra polemica sulle cure prestate a Bevilacqua nella clinica Villa Mafalda a Roma, dove è morto nel settembre 2013.

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