Cultura e Spettacoli

Fa più ridere che paura il "Dracula" di Dario Argento

Mostri spaventosi, teste mozzate e canini spalancati in 3D rendono il film fin troppo grottesco. Bravi gli attori Kretschmann e Hauer

Fa più ridere che paura il "Dracula" di Dario Argento

da Cannes

Vedere Dracula in 3D fa naturalmente effetto. I lupi sembrano sbranarti, picche, croci e punteruoli volano come se piovesse, ogni due per tre un insetto, uno sciame di insetti, una mostruosità zoologica ti scivola davanti agli occhi, si naviga nel sangue fra teste mozzate e teste spaccate, occhi trafitti e canini spalancati, aglio e frattaglie... Il risultato alla fine è più grottesco che sinistro, con picchi di kitsch che una recitazione in genere mediocre e una scenografia al risparmio purtroppo accentuano. Dario Argento fa quel che può, ma l’impressione è che questa prima volta a Cannes del cinema horror, sia pure fuori concorso (Dracula 3D, appunto), sia più un eccesso che un successo.
Forse la colpa è proprio di Dracula, nel senso del vampiro storico. Lo conosciamo troppo perché ci possa ancora fare paura, e non è un caso che la saga Twilight lo abbia riciclato come una sorta di eroe romantico e languoroso, quel Robert Pattinson che è a sua volta presente a Cannes, con il film Cosmopolis di David Cronenberg, altro maestro del thriller orrorifico, questa volta alle prese con il mondo della finanza.
A Dario Argento il cotè romantico e/o crepuscolare del mitico conte della Transilvania non piace: per lui quello vero resta l’originale, la creatura cioè di Bram Stoker, ed è stato proprio rileggendo quel romanzo che gli è venuta voglia di riproporlo. «Sono rimasto molto fedele alla storia, e però non al personaggio, nel senso che ho aggiunto diversi elementi alla sua personalità, invenzioni che appartengono al mio mondo immaginario».
Sarà, ma l’impressione è che, di là dagli effetti speciali, tutto il resto sia più abborracciato che fedelmente ricostruito.
L’horror è un genere che ha molti sostenitori, ma l’impressione è che sempre più, insidiato anche dalla truculenta del thriller e del mistery, fatichi a trovare il suo ubi consistam. Per certi versi, è più appannaggio ormai di un pubblico adolescente che di un pubblico adulto, perché il primo lo vede come una sorta di video game applicato al grande schermo, lo slatter che incuriosisce ed elettrizza, ma non spaventa più, perché il tasso di violenza generalmente veicolato, è tale da farne ormai un genere puro e semplice di consumo. Ciò che manca, inoltre, è, come dire, l’atmosfera. Ci dice molto di più sulla Romania e la regione della Transilvania un film come Al di là delle colline di Cristian Mungiu, l’altro ieri in concorso, che questo succedersi di cavalcate, lupi, cimiteri e porte sbattute dal vento. Lì vedi la cupezza di un popolo, il perché di una religione con forti elementi di paganità, fatta di credenze, di miti, di riti, di sangue e di suolo. Vlad l’impalatore, il genitore storico della leggenda di Dracula viene da lì, fa parte di quella storia.
Esclusi Thomas Kretschmann e Rutger Hauer, vale a dire il principe dei vampiri e il suo uccisore, il resto del cast (dove c’è anche Asia Argento nei panni di una vampira), come si diceva all’inizio, naviga a vista, così come latitano interni ed esterni: castelli, stazioni ferroviarie, locande, prigioni. Anche lo spessore dei personaggi è minimo e la sceneggiatura ha qualche smagliatura.
Presentato l’altra sera a mezzanotte e mezzo per il pubblico, in una serata ventosa, è possibile che le condizioni meteorologiche e l’ora abbiano in qualche modo aiutato a creare il clima giusto per la sua visione. Ma per chi, come noi della stampa, se l’è ritrovato all’ora di pranzo, superato il fascino iniziale di una telecamera che infilava le stradine del borgo draculesco come fosse una mosca, non è apparso memorabile.

Se nemmeno Dario Argento fa un Dracula «da paura», meglio non farlo uscire dalla tomba.

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