Col senno del poi, un trentennio di conflitti ininterrotti sembrano una follia ed è difficile capire come sia stato possibile che l'Europa, tra il 1618 e il 1648, sia precipitata in questo maelström. Ma la Guerra dei Trent'anni, del cui inizio ricorre il quattrocentenario, si è sviluppata spesso sotto traccia. Una concatenazione di eventi che, per lo più, sfuggivano al controllo dei contemporanei. Sempre convinti di essere alla fine del conflitto, sempre trascinati in nuova violenza. Lo si capisce leggendo il secondo volume de Storia della guerra dei trent'anni in edicola da oggi (11 euro più il prezzo de Il Giornale). Racconta come il conflitto paresse concluso dopo la vittoria imperiale di Stadtlohn del 1623. Ma fu riaperto dall'intervento militare di Cristiano IV. Il re di Danimarca nel 1625 mosse in aiuto dei protestanti tedeschi. Cristiano ebbe il sostegno di Francia, provincie olandesi e Inghilterra. Non bastò a scompaginare gli imperiali. Al servizio di Ferdinando II si pose un nobile boemo: Albrecht von Wallenstein. Si rivelò il generale più geniale della sua epoca.
Ma la guerra, che pareva vinta dai cattolici, riprese quando Ferdinando II calcò troppo la mano ed emanò l'editto di Restituzione: dovevano essere riconsegnati ai cattolici tutti i beni confiscati con la Pace di Augusta del 1555. E la Svezia protestante scese in campo.
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