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"Ora penso a me". Perché Federica Napoli ha lasciato il Pagante

Federica spiega la decisione di lasciare, dopo dieci anni, Il Pagante. Una testimonianza importante la sua perché al successo ha preferito la salute

"Ora penso a me". Perché Federica Napoli ha lasciato il Pagante

Una decisione coraggiosa, che non in molti avrebbero preso. Invece Federica Napoli, ex cantante del gruppo Il Pagante, di coraggio ne ha avuto molto, e davanti al successo di una band famosa e di una carriera brillante, ha messo se stessa e la salute. Ha deciso di lasciare, almeno per il momento, il mondo dello spettacolo, come racconta nella nostra intervista. Perché gli attacchi di panico di cui soffriva, erano un messaggio che il suo corpo le stava dando e a cui lei ha voluto, con estrema forza, dare una risposta.

Intanto come sta?

“Sto bene. Dopo il mio coming out dell'addio al Pagante sono riuscita a liberarmi e a condividere questo peso che era qualcosa che mi tenevo dentro e a cui non sapevo neanche dare un nome. Grazie ad un percorso di psicoterapia, sono riuscita a scavare e a tirare fuori quello che mi creava gli attacchi di panico. Ora sto cercando di riconquistare la mia vita. Perché c'erano state conseguenze a tutto questo malessere. Non volevo più uscire la sera o stare in ambienti dove c’erano tante persone. Ora sto cercando di riprendere quella che considero normalità”.

Cosa l’ha portata a questa scelta?

“Mi viene in mente un detto in latino gutta cavat lapidem, la goccia scava la pietra. Io non mi rendevo conto che la mia vita stava prendendo una direzione che in realtà mi provocava malessere. Ancora prima di far parte del Pagante, ho frequentato le discoteche per lavoro, ballando per tanti anni latino americano. Quando sono entrata nella band mi ritenevo fortunata, come se non potessi mai lamentarmi perché era un lavoro per privilegiati."

Poi cosa è successo?

"Mi sono resa conto che ci si può anche lamentare del proprio lavoro, ma soprattutto che si può cambiare. Io, purtroppo, ho trascinato questa situazione per troppo tempo. All'inizio non mi sono resa conto che forse non faceva per me. Andando avanti e il problema è diventato talmente grosso da sfociare in attacchi di panico”.

È venuta a patti coi sensi di colpa?

“In realtà grossi sensi di colpa non ne ho mai avuti. Cercavo di aggrapparmi a varie domande. Penso che chiunque soffra di attacchi di panico se le faccia. Mi chiedevo: 'Perché proprio a me? Perché il mio lavoro?'. All'inizio ho pensato di aver un problema di salute e ho cominciato a fare molte analisi. Quando ho capito che fisicamente stavo bene, ho intrapreso un altro percorso per capire cosa non andasse in me”.

Il resto della band ha compreso?

“Assolutamente sì. Lo dimostra il grande abbraccio alla fine degli ultimi due concerti di Milano. Ovviamente auguro al Pagante di poter andare avanti e tagliare grandissimi traguardi”.

Il Covid ha in qualche modo influito?

“Per assurdo il Covid mi ha aiutato. Mi ha permesso di riflettere. Il fatto di stare chiusa in casa e di non avere contatti con il mio lavoro e con il mondo delle discoteche, mi ha aiutata a comprendere meglio. Da lì ho iniziato un percorso di terapia che mi ha fatto capire che la cosa che non andava era proprio nel mio lavoro”.

Il suo pubblico come l'ha presa?

“Quando ho pubblicato il video dove raccontavo questo malessere, non sapevo cosa aspettarmi. Però c'è un detto che mi piace molto, quello che dice che ognuno raccoglie ciò che semina. In questi anni io sono riuscita a creare una bellissima fanbase di persone che mi sono sempre state accanto, anche quando feci il famoso coming out della mano”.

Le va di ricordare questo episodio?

“Sono nata con una aplasia. Mi mancano le dita della mano sinistra. Per me non è mai stato un problema. I miei genitori mi hanno cresciuta con la consapevolezza di non essere diversa dagli altri, ma di avere un valore in più. Alle elementari, per fare un esempio, sono stata la prima ad imparare ad allacciarmi le scarpe. Poi però l’esposizione sui social, soprattutto quando ho iniziato a far parte della band, è stato qualcosa che mi ha spinto a nascondere questo problema. Dal 2012 al 2017 è stata per me una vera e propria ossessione."

In che senso?

"Cercavo vestiti con le tasche, addirittura alle cene di lavoro prendevo sempre i primi per evitare di tirar fuori la mano se dovevo tagliare il cibo. Una sera ero con alcune mie amiche e si sono avvicinati dei ragazzi. 'Tu sei Federica del Pagante?’, mi hanno chiesto. Io per scherzare ho risposto che le somigliavo, ma non ero io. Uno dei ragazzi mi ha risposto: ‘Se non sei tu, tira fuori le mani’. Quella notte mi sono chiesta: ‘Ma io sono una mano?’ e il giorno dopo feci la foto che ha fatto il giro del web, in cui mostravo entrambe le mani”.

Qual è stata la reazione?

"Tante persone mi hanno scritto per congratularsi. Tra queste anche molti genitori che avevano figli con handicap simili. Anche quando ho deciso di lasciare la band ho ricevuto tanti messaggi di gente che mi ringraziava per aver avuto il coraggio di parlare di questo problema e per aver aperto il vaso di Pandora sui tanti tabù che ancora ci sono sulle malattie mentali e sull’ansia. Per questo voglio organizzare una giornata sul mio Instagram proprio per parlare di queste cose. Perché più se ne parla, meno si ha paura di affrontarle”.

È stata dura?

“Ammetto che non è stato semplice arrivare a questa decisione. Però come dicevo, soprattutto il periodo del Covid mi ha fatto comprendere che la salute è il bene più prezioso. Spesso diamo poca importanza, privilegiando il lavoro. Ero arrivata ad un punto che anche il rapporto con il mio fidanzato e con la mia famiglia si stavano sgretolando. Ero assente, piangevo dalla mattina alla sera. Loro non sapevano come aiutarmi. Alla fine sono stati preziosi, hanno cercato di spronarmi standomi accanto senza mai oltrepassare quella linea perché giustamente non sapevano esattamente cosa stessi provando”.

Quali dubbi o paure aveva?

“Prima di tutto il Pagante era un lavor. Conosco tante persone che non ce la fanno a sbarcare il lunario. Mi dicevo: 'Ma io sto davvero rinunciando ad un lavoro che mi porta guadagno, successo e popolarità?'. Alla fine però vinceva sempre la salute. Non ho mai avuto un piano B, perché credevo molto in questo progetto. Ora mi rimboccherò le maniche e troverò qualcosa da fare”.

Cosa riguarda questo piano B?

“In questo momento il mondo dello musica non fa per me. Cercherò di cambiare strada. Anche se la vita è piena di sorprese, quindi mai dire mai... ora, però, la penso così”.

Cos'è a creare ansia?

“Il Pagante è un progetto fatto per le discoteche. Sono proprio queste a farmi star male. Fare tardi la notte, vedere tanta gente ubriaca. In dieci anni ne ho viste di cotte e di crude. Questo mondo, almeno per il momento, non fa più per me”.

Riconosce di essere stata coraggiosa?

“Purtroppo no. Anche quando ho mostrato la foto delle mie mani, non sono riuscita a dirmelo. È una cosa su cui sto lavorando in terapia. Per questo ogni tanto mi fermo e mi ripeto: ‘Fede, sei stata coraggiosa’".

Ha mai avuto attacchi dagli haters?

“Molti e per assurdo proprio nel periodo in cui nascondevo la mia mano. Forse proprio per quello, all'inizio, avevo deciso di non mostrarla. Poi è diventato un circolo vizioso."

Cioè?

"Più la nascondevo più diventavo un bersaglio. Avevano addirittura creato una pagina Facebook intitolata 'La mano monca di Federica'. E non c'era solo questo. Mi attaccavano anche sul lato estetico, dicendo che ero cicciona”.

Come li ha affrontati?

“Quando ho fatto coming out sono spariti, perché non sapevano più come attaccarmi. Mi sono sentita più sicura sui social, perché nella vita reale già lo ero. Avevo finalmente tolto quella corazza che giorno dopo giorno mi pesava sempre di più. Da quel momento non ho avuto più problemi, anzi sono riuscita a creare una fanbase di persone che mi ha compresa e con cui parlo spesso. Sono davvero grata alle persone che mi seguono e mi supportano. Voglio continuare a comunicare sui social soprattutto parlando di disturbi mentali.

Siamo nel 2022 ed è giusto raccontare di queste malattie che sono sempre viste come qualcosa lontano da noi”.

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