Dal centro di New York al cuore della Sardegna la strada dell'arte è molto breve.
Nel cuore della Sardegna, ai piedi del monte Gonare, piena Barbagia, c'è il paesino di Orani, meno di tremila anime ma una lunga storia, della quale ha fatto parte - figlio di una terra dura e di tecniche antiche - Costantino Nivola (1911- 88), grafico, pittore, incisore e scultore che dall'isola portò negli Stati Uniti la fantasia, il talento, il gusto e il «fatto bene» di cui sono capaci gli italiani. Fisico esile, creatività enorme, Nivola impastò i materiali della terra d'origine con il ricco ambiente culturale newyorkese in cui scelse di vivere. Da cui nacquero la leggendaria decorazione del Negozio Olivetti di New York nel '53, le sculture per la «Public High School 320» di Brooklyn nel '67, i graffiti murali per la «Hurley House» di Boston nel '69, le grandi sculture per la «Beach High School» nel Queens del '74... Negli Stati Uniti Costantino Nivola visse, lavorò, morì. Ma a Orani, a casa sua, su una terrazza naturale, dal 1995 è aperto un museo incantevole, uno dei miracoli - come si dice - che illuminano la provincia italiana.
Eccolo il museo Nivola: dentro l'ampliamento realizzato nel 2012 dall'architetto Gianfranco Crisci sfila la collezione permanente, la più grande al mondo, delle opere di Costantino Nivola: oltre 200 tra sculture, dipinti, disegni. Mentre il nucleo originale costituito dall'antico lavatoio ristrutturato 25 anni fa da Peter Chermayeff, centro dell'antica vita comunitaria del paese, tra i fichi e la fontana d'acqua sorgente chiamata Su Càntaru, accoglie le mostre temporanee che da sempre guardano alla «sintesi tra le arti», come insegnò l'artista di Orani legamndo fra loro pittura, scultura, architettura e design...
E torniamo a New York: il museo ospita - inaugurata a maggio e aperta fino al 15 settembre - una mostra di Peter Halley, newyorkese puro, 57 anni, mostro sacro del neo-concettualismo americano. Titolo: Antesteria. Che, in realtà, è una installazione site-specific, voluta e curata da Antonella Camarda, direttrice del museo, e da Giuliana Altea, storica dell'arte e Presidente della «Fondazione Nivola».
Le «Antesterie» erano, in ambiente ionico-attico, le feste celebrate in onore di Dioniso e che avevano a che fare col piacere del vino e il «fiorire della primavera». E il grande intervento di Peter Halley - che ha festeggiato l'opera in presenza qui a Orani pochi giorni fa, in ritardo sull'inaugurazione ufficiale, causa pandemia - è un'esplosione dionisiaca, mediterranea, fra l'esaltazione e l'ebbrezza, di forme e colori.
Passato da anni ormai dalla tela agli interventi sullo spazio architettonico, Halley ha sfruttato ogni centimetro disponibile del museo - che come impianto ricorda una basilica con tetto a capriate e ampi finestroni centinati: una navata unica di 24 metri e 8 d'altezza - per affrescare, in digitale, una cappella Sistina «concettuale», astratta, citazionista, post-moderna, tra il Medioevo degli Scrovegni rivisitato e l'aggiornamento della Cappella di Santa Maria del Rosario di Vence. Per farlo, l'artista ha rivestito tutte le pareti con un enorme wallpaper disegnato negli Stati Uniti, stampato in digitale e poi montato in loco - al centimetro - dallo «Studio Luca Pinna». L'effetto è scioccante e incanta, come una chiesa rinascimentale decorata in stile optical o psichedelico. I colori sono accessi, a volte fluo, abbaglianti come la luce meridiana. I motivi sono rubati alla natura: onde, fiamme, stelle...
E gli elementi che si rincorrono dal pavimento alla volta - tra il suo personalissimo Giudizio universale e i riferimenti alla Factory di Andy Warhol, come in quella parente argentata là in fondo - sono tutti ripresi dalla storia della pittura universale: geroglifici, il cielo stellato delle tombe egizie, le scene dei Santi dei cicli medievali, le vetrate policrome delle cattedrali gotiche (che cambiano i riflessi a seconda delle ore del giorno), la Joie de vivre di Matisse, il Suonatore di flauto di Picasso, la psychedelic art, il design delle discoteche anni Ottanta, gli omini di Keith Haring e una serie di frasi (in)decifrabili che si ricorrono da una parente all'altra: «All nothing Alone», «Vison extreme», «Images continue to grow»...Le immagini continuano a crescere. Rimane una festa, Antesteria, dell'arte.
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