Il film del weekend: "Whiplash"

Un'opera prima sorprendentemente intensa e ben recitata, candidata come miglior film ai prossimi Oscar

Il film del weekend: "Whiplash"

Dopo essersi aggiudicato il Gran Premio della giura e il Premio del pubblico al Sundance Film Festival dello scorso anno e aver ottenuto cinque nomination agli Oscar tra cui quella come miglior film, "Whiplash" è finalmente arrivato nelle nostre sale. Scritto e diretto da Damien Chazelle, trentenne al suo esordio cinematografico, è stato girato in soli diciannove giorni e, pur presentandosi come un'opera piccola e indipendente, rivela da subito una potenza straordinaria. Non è solo la miglior pellicola degli ultimi anni tra quelle che hanno per protagonista la musica, ma anche una fucina di interrogativi e spunti di riflessione su arte, ambizione e metodi d'insegnamento. Racconta di un ambizioso giovane batterista jazz, Andrew (Miles Teller), che studia nella più prestigiosa ed importante scuola di musica di New York.

È solo al primo anno eppure viene notato da Terence Fletcher (J.K.Simmons), docente temuto e inflessibile, che lo vuole nell'orchestra dell'istituto. Il ragazzo ne è felicissimo ma ben presto l'esperienza si rivela un inferno perché l'uomo ha standard mostruosi e con i suoi studenti adotta metodi crudeli e umilianti. Andrew si sacrificherà sempre di più per compiacere l'insegnante e arriverà addirittura a compromettere la propria salute. La sceneggiatura, egregia, è in parte basata su esperienze personali del regista, un ex batterista deluso. Numerosi sono i primi piani in cui si vede lo studente soffrire, sudare e sanguinare perché accetta soprusi e indicibile stress psicologico pur di avere la chance di diventare uno dei grandi della musica jazz. Il suo personaggio è un anaffettivo che nutre una grande voglia di riscatto. La sua stessa fame di eccellenza abita in Fletcher, che ritiene non esistano due parole più pericolose di "buon lavoro" perché secondo lui il consenso impigrisce il talento e che, nella sua duplice veste di mentore e aguzzino, è sicuramente un individuo complesso, con un'ambiguità affascinante e il cui comportamento estremo e violento ha la motivazione di voler spingere le persone oltre le loro aspettative.

"Whiplash" esplora il sottile confine tra passione e ossessione, poggiando su una regia ferma e consapevole e su due interpreti intensamente in parte. Soprattutto J.K. Simmons, grandissimo caratterista che potrebbe presto portarsi a casa la statuetta di miglior attore non protagonista, non si risparmia nei panni dello spietato, sadico e omofobo, che nei modi ricorda il sergente istruttore Hartman di "Full metal jacket". Pur nella sua confezione autoriale, il film si configura quasi come un ibrido tra "Fame", vista l'ambientazione e le dinamiche per emergere, e "Rocky", che echeggia invece durante l'allenamento attraverso cui il giovane batterista lotta per migliorare se stesso. Il rapporto conflittuale e morboso tra insegnante e allievo appassiona e dà luogo ad un crescendo narrativo entusiasmante. Anche se la pellicola ha un approccio serio alla musica e la quasi totalità degli attori in scena suona veramente, ci sono alcune esagerazioni e inesattezze che disturberanno chi ha avuto un'educazione musicale.

Appare un po' discutibile, inoltre, che ogni esecuzione sia rappresentata come un gesto più atletico che espressivo. Poco importa, perché il risultato è trascinante e il pubblico si abbandona a quella che è una sorprendente magia dalla fotografia calda e pastosa.

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