Cultura e Spettacoli

Forrest Gump torna a correre per curare le ferite degli Usa

Il personaggio di Tom Hanks pacificava l'America dopo la sbornia ideologica e la violenza. Una pellicola impensabile nel nostro Paese...

Forrest Gump torna a correre per curare le ferite degli Usa

Forrest chi? Forrest Gump! Vent'anni fa nessuno lo conosceva. Oggi è un'icona della cultura di massa. E in quanto tale sarà celebrata il 5 settembre, giorno in cui Forrest Gump tornerà (di corsa) nei cinema Usa.

Tutto inizia nell'estate del 1994. Nelle sale esce Forrest Gump di Robert Zemeckis, interpretato da Tom Hanks. Zemeckis è un regista quarantenne che ha mosso i primi passi all'ombra di Steven Spielberg. Con Ritorno al futuro (1985) e Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988) ha chiarito di che pasta è fatto. I produttori della Paramount credono in lui. Per il protagonista del suo film vorrebbe John Travolta, ma è già stato ingaggiato da Quentin Tarantino per Pulp Fiction . Quindi la scelta cade su Tom Hanks. Bravo, ma non ancora strepitoso. Lo sarà in Forrest Gump . Il film comincia a macinare dollari come un rullo compressore e incassa una fortuna, attestandosi al primo posto dell'annata 1994 (330 milioni di dollari). L'anno successivo, alla notte degli Oscar è un trionfo annunciato: sei statuette. Quindi, soldi a palate, elogi concordi degli esperti spesso intolleranti verso i «film di cassetta», celebrità internazionale.

Ma Forrest Gump non è un semplice film di successo: è il film culturalmente più importante di un'età splendente - l'ultima - dell'America. Dal 1993 si è insediato alla Casa Bianca Bill Clinton. Era partito per perdere con Bush padre, sicuro di ottenere un secondo mandato. A quell'elezione si presentò l'indipendente ma miliardario Ross Perot. Con una missione: far perdere Bush. E ci riuscì. Con Clinton, o meglio i Clinton - Bill (nato nel 1946) e sua moglie Hillary (nata nel 1947) - la generazione del baby boom (i nati tra il 1945 e il 1964) si insediava nella vetta più alta del potere. I Clinton si erano fatti da sé (oggi sono una dinastia multimiliardaria). Si formano nel clima trasgressivo degli anni Sessanta. Vivono a stretto contatto con la controcultura e il pacifismo giovanile. Poi si buttano nelle professioni e nella politica. E oplà: raggiungono il Paradiso. Sono la perfetta incarnazione dei bobos (borghese e alternativo): l'aristocrazia di sinistra, trasgressiva ma col quattrino. Sono gli anni della rivoluzione digitale e della globalizzazione. Internet sta trasformando la vita degli uomini. E Clinton è il Grande Manovratore. Rischia di schiantarsi su una storia peccaminosa, con una stagista, ma salva lo scettro e il talamo coniugale.

L'età di Clinton è il tempo della pacificazione. Gli anni Sessanta, così carichi di livore contro il capitalismo e il potere, fanno pace con l'America. C'è bisogno di un testo, di un'opera riassuntiva, di un manifesto cognitivo adatto per immortalare la pacificazione. Ecco arrivare Forrest Gump . La storia è ambientata nel 1981. Forrest Gump, quarant'anni, è un «giullare di successo». Come Re Mida, tutto quello che tocca diventa oro. Il racconto ha una superficie sin troppo semplice. Ma nasconde temi complessi. Il vero protagonista non è Forrest, il ragazzo bianco dell'Alabama che non poteva correre e che invece correva come il vento, ma la Storia. O meglio una parte, una ferita ancora non rimarginata della Storia: la controcultura. La donna dei sogni di Forrest è Jenny, «figlia dei fiori». La sogna da sempre. E quando la raggiunge, finalmente, e la sposa, il «vento sta portandola via» (il realtà è l'Aids, ma è meno poetico).

Forrest è il vero sapiente, la purezza del fanciullo, il Cristo incarnato della religione civile americana: lui l'ama, teneramente, nonostante la vita disordinata (droghe di ogni tipo, sesso, prostituzione). Attraverso l'amore riconduce tutto alla dimensione umana. La controcultura ha prodotto non solo la liberazione dei costumi, ma anche il pacifismo e l'opposizione alla guerra del Vietnam. Anche Forrest ha combattuto la «sporca guerra». A modo suo. Esplorando il valore dell'amicizia. Non ha combattuto per la Causa, l'Onore o la Bandiera. Ma per gli amici che stavano accanto a lui. Come il ragazzone nero Bubba. Martin Luther King nel suo sogno ad occhi aperti vedeva i figli degli schiavi e quelli degli schiavisti sedersi insieme al tavolo della fratellanza. Forrest e Bubba sono la materializzazione di quel sogno.

Nel cinema europeo (in quello italiano in particolare) manca la capacità di affrontare la riconciliazione. Domina l'ideologia al limite smussata dalla retorica. Forrest è impermeabile all'ideologia. Ad ogni sua scelta si pone una domanda: «cosa diceva mamma»? È il primato della semplicità e della Tradizione. In una scena di Forrest Gump Jenny canta la canzone di Bob Dylan Blowin' in the Wind . Le risposte, da sempre, le porta il vento. Basta saperle afferrare. Come Forrest Gump, il camminatore solitario, l'ultimo erede di Henry David Thoreau. Alla fine, in ogni tempo, lo spirito sconfigge la materia.

E garantisce la libertà.

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