“Generazione 56K”, la serie sui sentimenti prima e dopo l'avvento di internet

Racconto fresco e romantico che intreccia problemi da adulti a ricordi d’infanzia, gli anni 90 ai giorni nostri e fa riflettere sui cambiamenti subiti da amore e amicizia con la rivoluzione digitale

“Generazione 56K”, la serie sui sentimenti prima e dopo l'avvento di internet

Generazione 56K è la nuova serie italiana originale prodotta da Netflix che promette un tuffo negli anni Novanta in chiave comedy, senza cioè prestare troppo il fianco all’usurata nostalgia per il passato. Del resto è pur sempre un prodotto estivo e, come tale, ha il diktat di funzionare da fresco diversivo.

L’idea di partenza, quella di un racconto corale che mostri come sono diventati i ragazzini cresciuti a cavallo dell’arrivo di Internet, è firmata da Francesco Ebbasta, autore, regista e co-fondatore dei The Jackal, che ne cura la regia insieme ad Alessio Maria Federici.

In otto episodi di circa mezzora l’uno, attraverso la narrazione di una storia d’amore, va in scena il cambiamento di costumi di un’intera generazione.

Ambientata tra Napoli e Procida, e tra il 1998 e l’attualità, “Generazione 56K” ha per protagonisti Daniel (Angelo Spagnoletti), creatore di app, e Matilda, che fa la restauratrice. I due si conoscono da giovanissimi ma finiscono per innamorarsi incontrandosi per caso, da adulti.

Attorno a loro, gli amici di sempre: Ines (Claudia Tranchese), Lu (Gianluca Fru) e Sandro (Fabio Balsamo). Nel continuo alternarsi di due fasi temporali della relazione al centro del racconto, conosciamo anche Enea (Sebastiano Kiniger), il dolce insegnante inglese trapiantato a Napoli fidanzato con Matilda.

Affiatati, freschi, spontanei e convincenti, i vari interpreti funzionano: c’è chi assicura romanticismo (la coppia protagonista), chi sorrisi e leggerezza (i membri di The Jackal).

Non c’è solo la descrizione del passaggio dall’analogico al digitale in “Generazione 56k”, quanto dell’imperativo imprescindibile, in ogni vita, di fare i conti col passato, di chiudere i cerchi e verificare se lungo il cammino non si sia tradita quella che è la propria vera essenza solo per tagliare traguardi socialmente preconfezionati (come quello di sposare il classico bravo ragazzo).

Daniel e Matilda scoprono a loro spese che la complicità vera non segue calcoli bensì una sorta di riconoscimento animico e si trovano a mettere in discussione quanto costruito, riconnettendosi con la propria parte più autentica. Perché “Generazione 56k” mostra come, anche in un mondo incredibilmente trasformato, l’amicizia e l’amore rimangano le uniche, vere costanti e non conoscano regole, proprio come quell’ascolto del proprio “bambino interiore” che, in chi resta fedele a se stesso e al senso dell’esistenza, è presente fino all’ultimo giorno.

Tra citazioni, colonna sonora e primi amori questa nuova serie italiana tocca i tasti giusti, romantici e nostalgici, e fa viaggiare nel tempo. Da un lato ci immerge in un mondo fatto di VHS e walkman, succhi di frutta, prove di baci allo specchio e canzoni degli 883, dall’altro nell’iperconnessione dei giorni nostri in cui si affida il destino ad app di dating. Eppure, non esiste distrazione tecnologica o sesso facile che possa mettere in discussione una decisione viscerale, quella di seguire l’alchimia rara con un altro essere umano, una volta che la si è individuata. In questo senso il racconto nobilita un modo di agire che rischia di essere superficialmente etichettato come ottuso e che invece è espressione di una visione interiore certa e della volontà di non lasciare nulla di intentato.

“Generazione 56k” è molto piacevole e scorrevole, un prodotto che se da un lato riconcilia con la bellezza delle cose semplici, dall’altro appare

prevedibile, un po’ favolistico e posticcio nella sua estetica color pastello. Di sicuro, pur essendo destinato a non lasciare un ricordo vivido, regala una soleggiata passeggiata tra passato e presente.

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