Cultura e Spettacoli

Il genio daltonico che ha riempito la nostra vita di colore. Con Asterix e Obelix

È morto il grande disegnatore di origine italiana. Il suo Gallo "provinciale" era tutti noi

Il genio daltonico che ha riempito la nostra vita di colore. Con Asterix e Obelix

La gioia è passare la mano sul dorso della collezione completa di Asterix. Ieri è morto, per un attacco cardiaco, Albert Uderzo, il creatore dell'irriducibile Gallo assieme al grande sceneggiatore René Goscinny. Asterix è stato il compagno di mille pomeriggi pieni di risate e anche di rabbia. La storia del villaggio che, da solo, resiste all'Impero romano e in particolare a quell'altezzoso di Giulio Cesare, è sempre stata la rivincita dei provinciali, che forse non hanno una cultura metropolitana, ma rimediano con il cervello fino e a volte col semplice buonsenso. Con un «piccolo» aiuto della pozione del druido Panoramix, che dona un forza fisica immensa a chi la beve, figuriamoci a Obelix, l'amico del cuore di Asterix, che nella pozione c'è caduto da piccolo, ottenendo un vigore imbattibile, anzi battibile solo dalla timidezza davanti alla leggiadra Falbalà. Obelix, il gigante buono, ha questo punto debole, ma ha anche un cagnolino bellissimo, Idefix, pronto a trasformarsi in un cagnolino potentissimo, quando capita anche a lui di bere la pozione.

Nel mondo inventato da Uderzo e Goscinny, due geni, c'è tutta la provincia di tutti i Paesi del mondo. Abraracourcix, il sindaco vanesio ma generoso, teme una sola cosa: che il cielo gli cada in testa. Il bardo Assurancetourix si crede un Virgilio ma è un poetastro da strapazzo. La signora Matulasemix è la bellona desiderata da tutti. Automatix e Ordinalfabetix sono i lavoratori un po' duri di comprendonio ma dal cuore d'oro. Poi c'è lui, Asterix, l'antieroe perfetto, fisico minuto, intelligenza poderosa, senso dell'umorismo impagabile. C'è anche tutta la ridicolaggine della grande città, retorica, pomposa, grottesca e ingiusta. La satira si abbatte su Roma ma anche su Lutetia (l'antica Parigi). Non c'è sciovinismo in Asterix. Al massimo sarà sciovinismo bretone e chi conosce la Francia sa che rivendicare le origini bretoni vuol dire prendere le distanze dalla cultura cosmopolita di Parigi. Il villaggio di Asterix è nel nord della regione, a un passo dalla Normandia. Sia Lutetia sia Roma si nutrono di una superiorità che è solo immaginaria, pronta a sbriciolarsi davanti all'astuzia di Asterix e i pugni di Obelix.

Non a caso i fumetti di Asterix furono un successo mondiale. Ma procediamo con ordine. Il fumettista era nato nella Marna da genitori italiani col nome di Alberto Aleandro Uderzo. Ottenne la cittadinanza francese nel 1934 e quattro anni dopo la famiglia si trasferì a Parigi. Appassionato di fumetti, Uderzo era daltonico ma questo deficit non fermò il suo talento nel disegno. A 13 anni il primo incarico come correttore di bozze alla Sociètè Parisienne d'Èdition. L'incontro decisivo con Renè Goscinny, altro genio, avvenne negli uffici parigini della World Press tra il finire degli anni Quaranta e l'inizio degli anni Cinquanta. Fu soltanto nel 1959, dopo che la coppia Uderzo-Goscinny si era ormai consolidata, che Asterix trovò spazio sul giornale per bambini Pilote. Seguirono trentotto albi, tradotti in cento lingue, che vendettero 200 milioni di copie. Dal 1980, dopo la morte di Goscinny, fu lo stesso Uderzo ad occuparsi anche dei testi. Per valutare l'impatto culturale del fumetto, basti pensare che l'anno scorso, il governo francese, in onore del sessantesimo anniversario della prima edizione di Asterix, gli ha dedicato una moneta commemorativa da 2 euro. La serie ha avuto trasposizioni animate, 10 lungometraggi, e 4 film dal 1999 al 2012.

Asterix fu subito amato dalla Francia. Il ricordo della guerra era vicino e la resistenza dei Galli contro i Romani poteva richiamare l'opposizione di alcuni francesi ai nazisti. La popolarità di Asterix non è mai calata. Segno che c'era altro oltre a un generico richiamo patriottico contro l'occupazione. C'è infatti la rivincita della periferia contro il centro, l'amore per le proprie tradizioni, il desiderio di non essere inghiottiti da istituzioni lontane e sovranazionali. Insomma, se nel 1959 Asterix poteva sembrare un manifesto gollista, dagli anni Ottanta in poi poteva lecitamente essere interpretato come un originale sberleffo nei confronti di quella che, di lì a poco, avremmo tutti quanti chiamato globalizzazione. Il villaggio «secessionista» di Asterix richiama la battaglia eterna tra autonomie locali e potere centrale.

Il bello è che, per una volta, vincono le autonomie.

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