Gigantesco Hugh Jackman nel nome del figlio

Grande prova d'attore nel film "The Son" del regista Florian Zeller (che girò "The Father" con Hopkins)

Gigantesco Hugh Jackman nel nome del figlio

Venezia. Avvocato in carriera e con ambizioni politiche, una nuova moglie, un figlio appena nato, il cinquantenne Peter si trova di colpo a doversi occupare di Nicolas, diciassette anni, figlio del suo precedente matrimonio. Il ragazzo ha preso a saltare la scuola, non risponde alle domande della madre, a cui spesso rivolge sguardi di puro odio che la lasciano turbata, si autoinfligge delle ferite alle braccia con un coltello per, dice, «canalizzare il dolore» che da tempo lo opprime e da cui non sa come uscire. Non ama la vita, Nicolas, o meglio, pensa che sia la vita a non amare lui, e quindi la teme. Kate, l'ex moglie di Peter, ne chiede dunque l'aiuto e anche per venire incontro ai desideri del ragazzo sarà ora il padre a prenderlo per un po' con sé e con la sua nuova compagna.

In fondo, pensa, saranno i soliti problemi legati all'adolescenza, un amore non corrisposto, dei compagni di classe che non ti piacciono, la difficoltà a farsi delle amicizie Basta spronarlo, pensa, basta metterlo di fronte alle sue responsabilità, basta aiutarlo a diventare uomo E, naturalmente, fargli sentire la complicità tutta maschile che un padre può avere con il proprio figlio.

Nella realtà, però, tutto è più complicato e ci sono nella psiche umana anche abissi che razionalmente non si possono spiegare perché nemmeno chi se li trova dentro sa bene di che cosa si tratti e quanto siano profondi. Figurarsi chi dall'esterno pensa che sia sufficiente l'esempio e, certo, l'affetto, perché tutto si risolva per il meglio.

The Son, Il figlio, ieri in concorso, è il miglior film in una Mostra del cinema che finora era andata avanti un po' compiacendosi di ombelicali nevrosi registiche, un po' dando la stura a una serie di drammi in cui non c'era mai la normalità del vivere, ma sempre e solo l'eccezionalità delle storie narrate. Qui, invece, è proprio la vita di tutti i giorni la protagonista, nel senso che l'imprevisto, l'elemento spiazzante, avviene proprio lì dove nessuno pensava ci sarebbe stato, invade tragicamente la sfera privata senza un perché reale, ovvero senza capire il vero perché che c'è dietro ogni malessere esistenziale.

«È un film sul senso di colpa - dice il regista Florian Zeller - sui legami familiari e, in ultima analisi, sull'amore. So che molte persone si confrontano con i disturbi mentali e che la vergogna e lo stigma associati a questi problemi possono ostacolare conversazioni necessarie e talvolta vitali».

Nicolas (Zen McGrath sullo schermo) non sa spiegare il perché si sia trovato all'improvviso ai ferri corti con la vita: si illude che possa essere stato il divorzio dei suoi genitori e che da lì derivi anche quel suo sentirsi comunque e sempre solo, comunque e sempre inadatto, incapace. Ma è qualcosa di più profondo e che se lui non sa esprimere il padre non sa però intuire. Quest'ultimo vorrebbe risolvere il problema, pensa che sia un problema risolvibile con la sua sola presenza, la sua autorevolezza, ma si rifiuta di andare veramente in profondità.

Nella parte del padre, Hug Jackman giganteggia. È un film - racconta - che ha voluto fare non appena ne ha visto la sua rappresentazione sulle scena teatrale londinese, e infatti Florian Zeller è uno dei drammaturghi più interessanti dei nostri tempi: un film tratto da un altro suo lavoro teatrale, The Father, Il padre, ha fatto vincere a Anthony Hopkins l'Oscar come miglior attore protagonista.

Girato e ambientato a New York, The Son mette sul tappeto tutta quella serie di problemi che fanno parte del rapporto genitori-figli. Cosa i primi si aspettano dai secondi e viceversa, fino a dove l'amore che ogni padre e ogni madre provano nei loro confronti può comportare il sacrificio della propria felicità, quanto e se l'affetto può compensare la mancanza di empatia, ovvero la capacità di capire realmente cosa si nasconda dietro quel figlio che all'improvviso ti appare come un alieno.

Nel momento in cui è chiamato a dare il suo aiuto, Peter si rende conto di comportarsi come suo padre si era comportato con lui e proprio per questo era stato da lui così detestato: il richiamo a diventare uomo, ad assumersi il peso delle proprie scelte, a metterlo a confronto con ciò che lui ha già saputo fare nella vita, nella professione Ma il problema dell'adolescenza sta proprio nella difficoltà a capire cosa significhi maturare, quale sia il prezzo da pagare e se a quel prezzo corrisponda veramente un valore. Può essere una malattia l'adolescenza. E spesso non è sufficiente l'amore a far sì che non sia incurabile.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica