La giostra del «Furioso» non si spegne mai, perché messer Ariosto ruba e regala, come un rigattiere che recupera pezzi di magia e li spedisce da qualche parte nel futuro. Sta ai posteri dei posteri riconoscere incanto e meraviglia di questo straordinario mercante sulla linea del tempo. La sua fortuna ha qualcosa di inspiegabile. L'Orlando furioso comincia dove L'Orlando innamorato finisce. È il sequel di un poema pubblicato, incompiuto, una ventina d'anni prima. È Boiardo che prende l'eroe della chanson de geste, quel Roland che si sacrifica a Roncisvalle e lo fa innamorare di una ragazza dalle caviglie grosse, con la pelle che sa di sale, sabbia e sudore, e viene da Oriente, dalla via della seta, bionda come se avesse in testa il vello d'oro e il talento di sedurre ad ogni passo. Boiardo ha alle spalle la tradizione italiana del poema cavalleresco. Ci sono le gesta giovanili di Orlando della Canzone d'Aspromonte, con il debutto del nipote di Carlo Magno come paladino e la caduta di Risa sullo Stretto. Risa è Reggio Calabria. C'è soprattutto il Morgante di Luigi Pulci, dissacrante, rocambolesco. È la storia di un gigante dal cuore d'oro che per sventura fa lo scudiero di Orlando. Boiardo fa un passo in più: prende questa sorta di John Wayne, paladino tutto d'un pezzo, e lo fa innamorare di una Brigitte Bardot dal volto esotico. Ariosto non si limita a raccontare il resto della storia. La sublima. L'eroe impazzisce. È letteralmente nudo. Se ne va in giro senza senno e senza vestiti brandendo soltanto la spada Durlindana. È il western spaghetti. È la chanson de geste spaghetti. È un capolavoro. La lingua del Furioso è un canto sublime. È l'ottava d'oro. È così sonora che vedi quello che senti. Fa innamorare tutte le donne di corte e poi si incarna per secoli nelle piazze e nei mercati con l'Opera dei Pupi. È così popolare che quattro personaggi secondari (Gradasso, Zerbino, Sacripante e Rodomonte) diventano aggettivi. Ariosto trafuga pezzi di immaginario dalla letteratura classica e getta le basi del fantastico occidentale. Ruba l'anello di Angelica dalle Metamorfosi di Ovidio, scippa la storia di Eurialo e Niso a Virgilio e ci costruisce su l'avventura tragica di Cloridano e Medoro. A Luciano di Samosata prende in prestito il viaggio sulla Luna e l'animale fantastico famoso ancora adesso: l'ippogrifo. Avrà generazioni di seguaci.
Tra questi vale la pena di ricordare un altro ferrarese, quel Vincenzo Brusantini autore dell'Angelica innamorata. La ragazza di Albracca deve fare i conti con la maga Alcina, che la rende di fatto una ninfomane. Le maghe si sa odiano Angelica, troppo intellettuali per la madre di tutte le «influencer».
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