Quando Riccardo Muti si rivolge al pubblico della Scala per annunciare il bis, la voce tradisce l'emozione. Quello di mercoledì scorso non è il Muti visto a Firenze o a Napoli, per citare le precedenti tappe del tour chiuso ieri a Lugano. È commosso. Ha appena diretto la Chicago Symphony, da dieci anni la sua orchestra e con la quale è puro idillio. Sono i vent'anni al timone della Scala a provocare l'emozione che la voce, vero specchio dell'anima, ci riconsegna. Anche i musicisti suonano con una partecipazione e un calore particolari: sentono il significato della tappa milanese. Nel parterre, il ministro della Cultura accolto dal sovrintendete Dominique Meyer che spera di avere di nuovo Muti alla Scala «perché è tempo di rappacificamento e di chiusura di vecchie ferite». Quindi il sindaco, il pianista Maurizio Pollini, l'architetto Mario Botta. Quanto all'imprenditoria, fra gli altri Miuccia Prada e Massimo Perotti della Sanlorenzo.
Finito il concerto, un successo, Muti rimane in teatro per un'altra ora e mezza. Incontra i ragazzi di Un Coro in Città, progetto dell'Accademia scaligera e Fondazione Tim. «Vi raccomando. Cantate ascoltando gli altri. L'armonia è quella che ci guida nella nostra so...?». E i bimbi: «...cietà!». Il direttore prosegue: «La musica è importante non per fare do re mi fa, ma perché cantare e suonare insieme, in armonia, è l'esempio che dovrebbe avere una società civile. Purtroppo molti ancora non l'hanno capito, e non solamente adesso ma da generazioni e generazioni: parlo delle persone che dovrebbero guidare il Paese. Per questo crediamo nel vostro lavoro, nell'amore per la musica. Ci vedremo più avanti, io sarò un po' più corto e voi un po' più grandi».
Nel foyer, coda per la firma dei dischi. Un respiro. E la confessione. «Sono stato abbracciato dal teatro. Accolto da musicisti, membri del coro, macchinisti, tecnici e portieri con un affetto e un calore come se fossi andato via ieri. Sembra una frase retorica, ma la realtà è che per me è stato un ritorno a casa. Questo affetto mi ha dato una grande gioia. Quando sono salito sul palco, era come se stessi continuando un cammino mai interrotto, come se non fossero trascorsi 20 anni. Del resto, nel mio cuore l'amore per questo teatro non si è mai interrotto. Non rinnego neanche un giorno. C'è una storia di 50 opere, dischi, concerti. Vent'anni di vita di un artista non si dimenticano. E il fatto che alla fine l'orchestra non si sia voluta alzare, cosa che non fa mai, è stato per dire al pubblico di Milano: Questo è il nostro direttore. Voi lo amate, noi lo amiamo».
Robert Chen, da 21 anni primo violino della Chicago Symphony, lo ammette: «Siamo tristi all'idea che il mandato di Muti si concluda nel 2022. Però, il Maestro ha un'età in cui può permettersi di dire: Adesso basta, liberandosi dal gioco delle responsabilità. Lascerà un'orchestra in ottima forma, senza rimpianti e frizioni». Già si è costituita una commissione per individuare il successore, «ma è difficile trovare un così grande musicista. A Chicago siamo grati a Muti: avrebbe potuto fare tante cose, e accettò di lavorare con noi. È stato un bel decennio, siamo molto legati a lui. Si presenta alle prove sempre super-preparato. Chiede tanto, affronta ogni situazione con estrema serietà, ma sa anche sciogliere la tensione».
Chi è Muti? «Una combinazione di
intelletto, brillantezza, capacità di comando. E carisma: tanto carisma». Non lo dice l'appassionato di musica o il critico (spesso) ignaro di studi musicali. Lo dice Robert Chen, numero uno di un'orchestra nella top 5 al mondo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.