Il «Grande Fratello» senza tv rinasce al cinema e in libreria

Il «Grande Fratello» senza tv rinasce al cinema e in libreria

Singolare coincidenza. Nell'anno in cui il Grande Fratello tira il fiato, saltando un giro per evitare la definitiva consunzione, proprio il Grande Fratello sembra ritagliarsi uno spazio, in via di definizione ma già importante, nel cinema e nella letteratura.
Il 28 settembre finalmente arriva nelle sale Reality di Matteo Garrone, vincitore questa primavera a Cannes del Grand Prix della giuria. Un'uscita molto attesa, anche perché il film del regista di Gomorra potrebbe essere il candidato italiano all'Oscar. Garrone è stato coinvolto suo malgrado in una grottesca polemica all'ultima Mostra di Venezia, ove fu accusato, da giurato, di non aver difeso a sufficienza i film italiani in concorso. Speriamo che questo non lo danneggi. Domani sapremo come andrà; in lizza comunque ci sono altri titoli forti, soprattutto il magnifico Cesare deve morire dei fratelli Taviani.
Reality è una fiaba delicata, con allusioni a Pinocchio. Il protagonista è un pescivendolo di Napoli che, per caso, partecipa al casting del Grande Fratello. Tanto basta per fargli perdere la testa e confondere la realtà con il reality. La vita quotidiana diventa un sogno in cui i passanti sono «spie» della produzione che vuole indagare sull'aspirante concorrente, i poveracci dei vicoli sono «prove» da superare dimostrando generosità, e perfino i grilli sulle pareti forse non sono semplici grilli perché occhiuti come telecamere. Garrone si tiene a debita distanza dai luoghi comuni sui reality show, di solito «letti» come simbolo di decadenza da una critica troppo pigra per essere curiosa e allontanarsi dal moralismo. In Reality piuttosto tiene banco la capacità del Grande Fratello di entrare nell'immaginario di mezzo mondo e di farlo esplodere portando alle estreme conseguenze sentimenti universali come il narcisismo, la disperazione di sentirsi vivi solo nello sguardo altrui, la speranza irrazionale di svoltare per sempre. Che il reality non sia poi così diverso dalla realtà, e dunque perdersi sia del tutto naturale, si capisce dalle scelte artistiche di Garrone. L'esterno del palazzo in cui si svolge la vicenda è una quinta teatrale perfetta; e la telecamera indugia nelle «case» di Napoli proprio come farebbe nella «casa» del reality. Il protagonista, un credibilissimo Aniello Arena proveniente dai corsi di formazione della Casa di Reclusione di Volterra, è sempre circondato da una famiglia assortita come un «cast». Pronta dunque al reality.
Da Napoli arriva anche uno dei romanzi più divertenti della nuova stagione letteraria, Nel nome dello zio, firmato per Guanda da Stefano Piedimonte. Siamo nell'ambito della satira: lo Zio, temibilissimo boss della camorra, ha un debole per il Grande Fratello, al punto che nello svolgere il suo mestiere (minacce ed estorsioni) usa le storie del reality come se fossero parabole. Incastrato dalla polizia, lo Zio è costretto alla latitanza. I suoi sgherri arruolano allora un «guaglione» al fine di spedirlo nella «casa» per antonomasia. Da lì potrà mandare messaggi per conto loro al capo nascosto e altrimenti irraggiungibile. Anthony, piccolo spacciatore lampadato, riesce a superare le selezioni. Ma il colpo di scena è dietro l'angolo. Detto che la realtà ha anticipato la finzione, in effetti nel Grande Fratello è entrato in due edizioni il figlio di un camorrista, nel libro la «casa» è il luogo in cui diventa possibile reinventarsi da zero: al contempo si è separati dal mondo esterno e sotto gli occhi di tutti.
Due opere interessanti, dunque. C'è un altro aspetto da sottolineare. Il reality, Grande Fratello o meno, ha sempre attirato l'attenzione dei registi. Di recente abbiamo visto The Hunger Games, trionfatore al botteghino Usa, nel 2007 fece discutere Live! Successo al primo colpo con Eva Mendes, nel 2006 ebbe un discreto risalto la cinica commedia American Dreamz con Hugh Grant. Gli adepti dell'horror, da The Contenders (2001) o My Little Eye (2002) fino all'apotesi della miniserie Dead Set (2008) passando per alcune gemme giapponesi, hanno subito intuito le potenzialità narrative di un genere televisivo basato sulla «eliminazione» dei partecipanti. Ma si può andare più indietro. Il Truman Show di Peter Weir è del 1998, Ed Tv di Ron Howard è del 1999. L'atto di nascita del format Big Brother data al marzo 1997. La prima messa in onda risale invece al 1999, in Olanda. In Italia, la trasmissione partì nel 2000.
Tutte queste date suggeriscono una riflessione a margine.

Reality è il primo film italiano a indagare seriamente un mondo così intrigante anche dal punto di vista dell'immagine: siamo dunque in ritardo di circa una dozzina di anni. Gli artisti, di solito, riflettono e spiegano il mondo in cui viviamo; i nostri ci raccontano quello di quindici anni fa. Meglio tardi che mai.

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