Da Cannes. Lo scrittore francese si chiama Jacques Tondelli, e in quel cognome c'è un omaggio all'italiano Pier Vittorio di Altri libertini e Rimini, morto di Aids negli anni Novanta. Fra le tombe del Père Lachaise la macchina da presa indugia su quella di Bernand-Marie Koltès, un altro dei caduti sul fronte... «Ho 35 anni - dice Jacques - un'età in cui è troppo tardi per morire giovani», ma se si ricordano altri nomi dell'epoca e della scena culturale francese, Hervé Guibert, Jean-Luc Lagarce, Cyril Collard, Serge Daney, scrittori, attori, giornalisti, si vedrà che l'età è più o meno la stessa, una sorta di generazione finita senza volerlo e senza saperlo in prima linea. «Mi piacerebbe che la guerra finisse e io potessi tornare a casa», dice ancora Jacques, e in quegli anni per la comunità omosessuale l'Aids fu proprio questo, una guerra sporca e asimmetrica, non dichiarata, strisciante, devastatrice, un nemico invisibile di cui si sapeva poco e niente.
Per il terzo anno consecutivo, Cannes ritorna agli anni Novanta al tempo dell'Aids. Aveva cominciato Xavier Dolan con Juste la fin du monde e poi era stata la volta di Robin Campillo con il suo 120 Battiments par minute. Adesso è il turno di Christophe Honoré e del suo Plaire, aimer et courir vite e, come nota uno dei suoi interpreti, Denis Podalydès, «ci vuole più o meno un quarto di secolo perché, dal punto di vista narrativo, si cominci a ragionare su un'epoca e non mi sorprenderei di vedere in futuro altre pellicole analoghe».
Ben girato, senza compiacenze né vittimismi, Plaire, aimer et courir vite mette in scena una sorta di edonismo funebre, l'ultima estate di chi, come Jacques (Pierre Deladonchamps), si sa condannato eppure vorrebbe essere felice almeno un momento ancora, complice la trasfusione di giovinezza di un nuovo amore, il ventenne Arthur (Vincent Lacoste). Parigino il primo, bretone il secondo, per molti versi rimandano alla biografia intellettuale dello stesso Honorè: «Da studente, a Rennes, ammiravo molto scrittori come Guibert e Daney, purtroppo morti di Aids prima che io, a metà degli anni Novanta, arrivassi a Parigi. Questo film è un po' tipo quei sogni che si fanno da ragazzi: mi permette di riempire il vuoto di non averli potuti conoscere e amare... È anche il racconto di un primo amore e di un ultimo amore, il tentativo di coniugare l'associazione di due elementi, lo slancio e la rinuncia». Nella parte di Mathieu, il vecchio amico e vicino di casa di Jacques, Denis Podalydès ci regala il cameo ironico e rassegnato di un certo dandysmo omosessuale agé, per il quale ogni passione è spenta e il sesso a pagamento è tutto quel che resta.
L'amore al tempo della guerra fredda è invece il filo conduttore di Zimna Wojna, Cold War, del polacco Pawel Pawlikowski, anche questo ieri in concorso. All'indomani della Seconda guerra mondiale, scoppiata perché la Polonia non finisse sotto Hitler, il Paese si ritrova occupato dalla Russia di Stalin, una dittatura al posto di un'altra. Nell'opera di ricostruzione, la tradizione musicale nazionale va rivista nell'ottica comunista ed è il musicista Victor l'artista chiamato a questo compito. Nel portarlo avanti, Victor scopre una giovanissima cantante, Zula, se ne innamora e vorrebbe espatriare con lei. Un concerto a Berlino potrebbe essere per loro l'occasione di scivolare nel settore occidentale della città, riprendersi così quella libertà negata in patria. Alla fine Zula si tira indietro e Victor partirà senza di lei. «Io senza di te non me ne sarei andata», gli dirà in seguito Zula, arrivata a Parigi, dove intanto Victor è andato a vivere, grazie a un matrimonio combinato ed è su questo «tradimento» che negli anni a venire la loro storia d'amore si incaglierà, fino a quando, pur di riconquistarla, Victor rinuncerà a tutto, arte e libertà comprese.
Girato in bianco e nero, Cold War è una storia di sentimenti e di passioni in un'epoca impossibile, cortine di ferro e fedi ideologiche d'acciaio, Oriente e Occidente che si guardano in
cagnesco. Victor appartiene a quella Polonia prebellica in cui Varsavia era ancora la Parigi dell'Est, Zula fa già parte per età dell'indottrinamento sovietico: sono condannati ad amarsi appassionatamente, ma senza speranza.
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