Già da come parla, si capisce che è una nuova Elisa: più aperta, più solare. Esce il suo decimo disco, il primo per Universal dopo il divorzio da Sugar, e le atmosfere sono davvero quelle dei Diari aperti, come recita il titolo: «Stavolta mi sono esposta, sono aperta. In passato ho sempre usato toni più evocativi, ero in qualche modo universale. Qui sono io il soggetto e mi rivolgo a me stessa come se scrivessi in un diario. Ad esempio il brano Quelli che restano è nato proprio dalle poche righe che avevo scritto nel mio diario». E forse per questo Elisa ha scelto di tornare a cantare nei teatri dopo quasi otto anni. Debutto il 18 marzo al Verdi di Firenze e poi Bari, Catania, Bologna e Genova passando anche per l'Auditorium Parco della Musica di Roma il 27 marzo e gli Arcimboldi di Milano il 3 aprile. «Sarà una sorta di esame perché il teatro ti dice come stai tu e come sta la tua voce», spiega lei prima di tornare indietro agli undici brani dei suoi Diari aperti.
Ma quando ha deciso di aprire i suoi diari emotivi al pubblico?
«Non c'è una data precisa. Ma diciamo che i concerti all'Arena di Verona e il mio quarantesimo compleanno sono stati di aiuto».
In Quelli che restano canta: «Siamo quelli che restano in piedi e barcollano su tacchi che ballano». Sembra quasi una foto di questa epoca.
«Sì può darsi. L'ho scritta pensando ai vecchi della festa di paese, quelle persone orgogliose e forti che hanno trascorso la vita a lavorare in cantiere, hanno i polmoni pieni di amianto ma non mollano e vogliono continuare a ballare».
Elisa, scusi, a che cosa si deve questa svolta più intima e confidenziale?
«In effetti per tanto tempo sono sempre stata considerata per una persona extra timida, extra chiusa e forse da qualche parte avevo nascosto delle fragilità».
E poi?
«Poi sono accadute alcune cose che mi hanno aiutato a cambiare».
Ossia?
«La nascita dei miei figli e la perdita di mio padre e dei miei nonni sono stati decisivi nella mia evoluzione. E poi l'esperienza tv ad Amici mi ha portato una nuova ricchezza».
Quale?
«Ho scoperto il calore del pubblico in un modo nuovo. Ho ricevuto tanto affetto da persone che magari non vengono ai miei concerti ma che hanno iniziato a volermi bene. C'è stato uno scambio umano che mi ha colpito moltissimo. E ora capita, come l'altro giorno al supermercato, che io mi commuova quando due signore si commuovono incontrandomi tra gli scaffali. Una bella sensazione che mi ha dato anche un senso di riscato rispetto a come ero percepita prima».
Dopo il brano con De Gregori (Quelli che restano), il nuovo singolo Se piovesse il tuo nome è stato firmato anche da Calcutta.
«Per cantare quel brano ho studiato Mina. È una melodia di respiro retrò che mi ha fatto tornare al tempo degli urlatori».
In questo disco ci sono altri autori come la sempre più brava Federica Abbate e anche Davide Petrella.
«Il suo brano Tua per sempre l'ho cantato senza modifiche. Ha fatto un lavoro straordinario cercando le lettere delle mogli ai soldati sul fronte della Seconda Guerra Mondiale. Bellissimo».
Lei scrive lettere d'amore?
«No io scrivo canzoni d'amore».
E andrà al Festival di Sanremo?
«Non posso dire altro se non che certamente non sarò in gara».
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