"Ho vinto il Paganini, sì... E per farlo, si deve ripetere"

Di Eboli, 21 anni, fra i migliori violinisti al mondo, inizia una stagione di concerti: "La disciplina è tutto"

"Ho vinto il Paganini, sì... E per farlo, si deve ripetere"

Altro che bravi ragazzi però senza mordente, così la vulgata. I ventenni italiani lanciano aziende, innovano settori, vincono medaglie colmando il vuoto della generazione precedente. È il caso di Giuseppe Gibboni violinista nato il 16 maggio 2001, vincitore (nel 2021) del concorso «Paganini» di Genova: da un quarto di secolo il primo premio non andava a un Italiano. E così è esploso il caso Gibboni, di Campagna, a un soffio da Eboli, diploma a 15 anni, perfezionamento a Cremona, Biella e in questo momento al Mozarteum di Salisburgo. Alla notizia del «Paganini», il giovane artista è finito nella programmazione di festival e stagioni concertistiche italiane e non. Il 2 giugno sarà al Ravenna Festival con Partite e Sonate di Bach in omaggio a Pier Paolo Pasolini. Stasera sarà a Milano per le Serate Musicali, quindi a Roma, presto nelle capitali d'Europa e Oltreoceano.

Da decenni, fra le stelle del violinismo internazionale non c'è un solo Italiano. Non abbiamo i Kavakos, Bell, Mutter, Vengerov Come si spiega?

«Forse perché l'ambiente italiano non è semplicissimo. Le carriere hanno bisogno di opportunità, so di colleghi che hanno incontrato così tanti scogli da imboccare poi altre strade. In Italia non mancano i talenti, la materia prima c'è, il problema è l'ecosistema».

La carriera è poi questione di management giusto...

«Per questo mi muovo coi piedi di piombo, attento a non vincolarmi a chi non offre certe prospettive. Sto valutando un management internazionale anche perché, per come vanno le cose in Italia, da noi basta un buon nome».

Tra le stelle del violinismo contemporaneo, Lei chi apprezza?

«Ammiro i nomi menzionati, però continuo a subire il fascino del passato, degli Heifetz, Oistrakh, e del nostro Franco Gulli, uno dei suoni più belli in assoluto».

Ha iniziato a suonare il violino a tre anni e mezzo. Lo percepiva come un gioco o un impegno?

«Come un gioco, che però veniva praticato anche dalle mie sorelle e genitori, mamma è pianista e papà violinista. Vedevo papà suonare ore e ore quindi trovavo naturale fare lo stesso».

Il presidente Sergio Mattarella l'ha voluta incontrare. Il video dell'incontro è su Youtube. Ci racconti però il fuori onda.

«Non mi aspettavo di ricevere così tanta attenzione dalle istituzioni, un bel segnale per noi musicisti... Il Presidente ha detto di aver apprezzato il lavoro portato avanti in anni così difficili, il fatto che noi ventenni non abbiamo mollato, che siamo riusciti ad andare avanti nonostante le incertezze. Per il concerto nella Cappella Paolina chiese al suo assistente di scegliere una data in cui potesse essere presente. E così è stato: il 19 dicembre».

Sente la forza della sua generazione, la «GenZ»?

«I giovani hanno potenzialità enormi, anche per il solo fatto di avere tutta la vita davanti. La mia generazione si è misurata con la pandemia: per me, la spinta a cogliere occasioni. Quando vidi il bando del Paganini sentii che dovevo lanciarmi, forse in altre fasi non avrei avuto questo stesso slancio».

Suonerà a Ravenna, città di Muti. Un uomo del Sud come Lei.

«È il riferimento assoluto di noi giovani. Da campano, poi, non posso che ammirare il rispetto che ha per la città di Napoli e il Meridione. Mi piace questo suo coraggio e consapevolezza».

Pasolini diceva che nei soli di Bach c'è la carne e il cielo. Si trova in questa espressione?

«Gli esseri umani non hanno la certezza matematica dell'esistenza di Dio. Però se qualcuno l'ha avuta, costui è Bach. Nella sua musica si avverte la consapevolezza dell'ultraterreno».

La musica chiede una ferrea disciplina...

«La disciplina non è amata da nessuno, ma devi fartela piacere. La mia fortuna è stata sviluppare questa attitudine da piccolissimo. E così ora è un qualcosa di naturale».

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