I Negrita acustici per Mtv accendono il rock dal vivo

La band suona nell'antico Anfiteatro di Arezzo. Il leader Pau: "La musica torni a essere collettiva"

I Negrita acustici per Mtv accendono il rock dal vivo

Inutile dire l'attesa. Prima che arrivassero i Negrita c'era quella vibrazione che precede l'evento unico e che è difficile da spiegare, una sorta di «aria sospesa» che poi inizia a vibrare soltanto con le prime note. Un concerto. Per di più rock. Per di più adesso che musica live si risveglia dal torpore pandemico. Nella meraviglia dell'Anfiteatro Romano di Arezzo i Negrita sono arrivati in versione «unplugged», ossia praticamente acustici, senza effetti particolari, insomma nudi davanti al pubblico. Loro e le loro canzoni. Loro e la loro terra, che è appunto Arezzo e che «non abbiamo mai lasciato».

I Negrita sono in giro in queste settimane con «La Teatrale Summer Tour 2021» e all'Anfiteatro (grazie anche alla Fondazione Arezzo Intour) hanno realizzato uno di quei sogni che sembrano impossibili quando sei un pivello alle prime armi: registrare un «Mtv Unplugged» (diffuso a novembre durante la Milano Music Week). «In effetti - spiega Pau, l'unico sempre presente nella band con Enrico Drigo Salvi e Cesare Mac Petricich - gli show unplugged di Mtv erano uno dei nostri punti di riferimento. Quante volte, ascoltando le performance di Clapton, Dylan, Nirvana o Alice In Chains ci siamo detti: quanto sarebbe bello essere al loro posto?».

Dagli anni Novanta in poi, l'elenco degli Unplugged si è dilatato in ogni nazione (ad esempio, in Italia Giorgia e Alex Britti, gli Scorpions per Mtv Brasile oppure da ultimo Liam Gallagher nel 2019) diventando uno dei pochi format musicali destinati a non sparire. Magari rallenta, si dirada, forse si ferma un po', ma poi ritorna perché ciclicamente è bello togliere l'abito elettrico ai musicisti e vederli vestiti soltanto di basso, chitarra acustica, armonica e batteria. E così i Negrita stanno benissimo perché Pau ha la voce e le physique du rôle dell'intrattenitore, la band è precisa e i chitarristi sono una macchina da guerra vecchio stile, assolutamente affiatati e decisamente brillanti. Ad esempio, in Brucerò per te l'assolo di Drigo è improvvisato ed entusiasmante e la sincronia delle due chitarre in Cambio e Che rumore fa la felicità? è da manuale anche in versione acustica. Specialmente qui, su di un palco a metà tra un saloon e un salotto di New Orleans con i lampadari di cristallo. «Il cerchio quadra, adesso», spiega Pau dopo un concerto onestamente perfetto, seguito da un pubblico (seduto) che mandava a memoria le canzoni e controllato a distanza da mura romane sgretolate dalla storia.

Il «cerchio quadra» perché i Negrita compiono 27 anni di storia senza compromessi e restano tra i pochissimi gruppi italiani legati a una tradizione di virtuosismi, vita on the road e fedeltà alle origini: «Da ragazzi giravamo qui ad Arezzo con i capelli colorati da punk ascoltando i Cure e i Talking Heads. Avevamo gli stemmi della Mercedes tra i capelli e molti ci guardavano come fossimo matti». Sono trascorsi tre decenni, ma quando è salito Manuel Agnelli per cantare con Pau Non è per sempre degli Afterhours sul palco c'era la forza del rock italiano più vero (poi hanno cantato Sympathy for the devil dei Rolling Stones). Figurarsi poi all'arrivo di Piero Pelù che ha iniziato El Diablo dei Litfiba, uno di quei brani che funzionerebbero anche a volume spento. «Sì, della famiglia io sono il ribelle». Forse i Negrita sono più ribelli ora di quando hanno iniziato a vendere dischi e a passare in radio negli anni Novanta fatti di grunge e rap.

Ora sono tra i pochi che ancora suonino davvero, senza troppi intingoli tecnologici, basandosi soltanto sulla ricetta del rock essenziale appeso a chitarre, basso e batteria. E in questo, specialmente adesso che i Maneskin hanno trasmesso ai giovanissimi un'attitudine che sembrava estinta, i Negrita potrebbero trasformarsi in un punto di riferimento anche per le nuove generazioni. «Arriviamo dagli anni '90, quindi dall'ultimo strascico di musica suonata - dice Pau - quando le canzoni erano un fatto collettivo.

Ora sono un'esperienza solitaria nella propria cameretta o con gli auricolari». Proprio per questo oggi questi suoni sembrano «nuovi» a una generazione che li ritrova per la prima volta. E, a quanto pare, li sa apprezzare.

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