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I proprietari non ne permettono la consultazione. Cinquanta intellettuali chiedono il rispetto del Codice dei Beni culturali

Piera Anna FraniniLa legge - di accesso ai fondi culturali - c'è. Ma non sempre viene applicata. Così accade che parte del nostro patrimonio culturale si disperda o finisca all'estero. Il caso recentissimo dell'archivio di Claudio Abbado messo in salvo a Berlino. Basta, «Liberiamo Verdi e Puccini». È lo slogan e lamento di cinquanta personalità del mondo della musica internazionale e della cultura italiana che hanno firmato una lettera indirizzata al Ministro dei beni culturali Dario Franceschini e al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il testo arriva oggi in Quirinale ed è pubblicato dal mensile Classic Voice, testata che ha promosso la petizione, in coda a una serie di campagne di sensibilizzazione sul tema.Chailly, Barenboim, Pappano, Domingo, Pollini, Uto Ughi, Camilleri, Cacciari, Fo, Arbasino, Bernardo Berlolucci, Claudio Magris: sono tra i firmatari di un testo dove si reclama la salvaguardia del nostro patrimonio musicale. Si chiede di avere accesso agli archivi privati di Giuseppe Verdi (in provincia di Piacenza) e di Giacomo Puccini (in provincia di Lucca), big della musica di casa nostra. «Questi archivi - si legge nella lettera - contengono, tra l'altro, preziosi manoscritti musicali, fondamentali per studiare il processo creativo dei due musicisti. Ma non si sa dove e come i manoscritti siano conservati, non esistono inventari redatti secondo moderni criteri scientifici e i proprietari non permettono la consultazione degli stessi agli studiosi, contravvenendo a quanto previsto dall'art. 127 del Codice dei beni culturali».La mente corre ai resti di Pompei in mostra a Londra: dagli scantinati vesuviani alla ribalta di un'esposizione di successo pronta ad arricchire gli Inglesi. Ovvero: a proposito di cultura da intendersi come petrolio made in Italy. L'Italia sovrabbonda di petrolio-cultura pronto per l'estrazione o depositato in barili ben sigillati, non disponibile ai distributori. Pensiamo alle pile di scritti di Verdi nascosti al mondo, come se le tele di Leonardo o i busti di Canova fossero in cantina. Perché si favoleggiava di un tesoro nascosto di Verdi, poi ricerche incrociate hanno dimostrato (ne scrivemmo in giugno) che è vero, esistono manoscritti musicali, abbozzi e schizzi che coprono i 50 anni di attività del musicista. Del solo Falstaff ci sono 900 pagine di abbozzi sconosciuti, mai visti e mai studiati. Un'Atlantide musicale sprofondata negli abissi per via delle beghe fra gli eredi. Eppure il fondo - privato - è posto sotto la tutela dello Stato, con un catalogo redatto da un erede di casa Verdi e depositato alla Soprintendenza dei Beni culturali di Parma e Piacenza.In breve, c'è una parte del patrimonio di Verdi non inventariato, stesso discorso per Puccini, e questo mentre i grandi della musica, da Bach a Beethoven possano essere consultati, anche online.

Per questo la lettera chiude con l'appello dei firmatari che «chiedono che si ponga fine a questa situazione e che lo Stato intervenga per tutelare le ragioni della cultura, come avviene nei casi analoghi in tutti gli altri paesi europei».

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